(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 12 set. - Sui banchi delle scuole italiane ci sono alunni di cui si parla poco. Sono i bambini con disabilita' e allo stesso tempo "migranti": che siano nati in Italia o siano arrivati nei primi anni di vita, si tratta di alunni che vivono una doppia condizione di svantaggio e che presentano problemi inediti per i loro insegnanti. A fare luce su questa realta' e' la ricerca "Bambini con disabilita' provenienti da contesti migratori", che indaga sulla condizione di 52 alunni con ritardo mentale o disturbi dello spettro autistico nelle scuole d'infanzia e primarie di Piacenza. Lo studio, frutto del dottorato di ricerca di Caterina Martinazzoli presso l'universita' cattolica del sacro cuore di Milano e realizzato con la collaborazione dell'Ufficio scolastico provinciale di Piacenza, viene presentato oggi nella citta' emiliana. Basata sulle interviste condotte fra 135 insegnanti delle scuole d'infanzia e primare, la ricerca restituisce il ritratto di una scuola che sta provando ad affrontare la "doppia condizione" di questi alunni, pur in un contesto difficile.
"Il primo ostacolo- spiega la dottoressa Caterina Martinazzoli- e' riconoscere la disabilita' di questi bambini.
Per gli insegnanti non e' semplice comprendere se le difficolta' di apprendimento siano legate allo svantaggio socio-culturale dovuto alla migrazione o a una effettiva disabilita'". Sono pochi i bambini la cui disabilita' e' stata gia' certificata nel paese d'origine, e a volte e' la stessa famiglia a non accettare la condizione del figlio. In alcuni dei casi riportati nella ricerca (che sono pero' filtrati dal pensiero degli insegnanti intervistati), i genitori negano o nascondono la disabilita' del figlio, considerandola a volte con vergogna. "Tuttavia e' emersa una grande varieta' di situazioni, anche tra famiglie che provengono dallo stesso paese", precisa Martinazzoli.
Una volta accertata la disabilita', pero', la maggior parte dei genitori accetta il progetto educativo e di sostegno messo a punto dagli insegnanti. "In molti casi i genitori collaborano oppure si affidano completamente alla scuola, anche a livello burocratico. Difficilmente mettono i bastoni tra le ruote agli insegnanti, al limite si comportano in maniera indifferente rispetto al problema- prosegue Martinazzoli- La scoperta della disabilita' del figlio puo' anche spingere i genitori a cambiare il proprio progetto migratorio: e' il caso di una famiglia rumena, che ha rinunciato a tornare nel paese d'origine per il bene del bambino".
Sulle modalita' in cui affrontare la doppia condizione di disabile e migrante, tuttavia, mancano indicazioni precise. A partire dalla questione del bilinguismo: per un bambino con un ritardo mentale apprendere due lingue e' un ostacolo troppo difficile da superare o una risorsa in piu'? "Anche gli studiosi su questo hanno opinioni discordanti- spiega Martinazzoli- il punto e' che la lingua d'origine serve a esprimere l'affettivita' e le emozioni, a comunicare in famiglia, e quindi e' molto importante per questi bambini. Allo stesso tempo l'italiano e' la lingua che permette di vivere e inserirsi nella societa'". Il problema viene affrontato in maniera diversa dai singoli insegnanti, che si trovano infine a "inventarsi" delle soluzioni.
"Alcuni hanno imparato qualche parola della lingua d'origine per comunicare meglio con i bambini", spiega la ricercatrice, "altri preferirebbero che l'alunno parlasse solo l'italiano".
Secondo la ricerca, in generale si tende a considerare questi alunni principalmente come bambini con disabilita', mentre il contesto migratorio rimane in secondo piano. La scuola tuttavia prova ad affrontare i particolari problemi presentati da questi alunni, "ma al momento tutto e' affidato all'iniziativa dei singoli insegnanti- prosegue Martinazzoli- Non ci sono ne' strumenti didattici specifici pensati per questi bambini, ne' figure 'su misura' per loro. In piu' la scuola vive un momento di grossa difficolta'". Le risorse necessarie sono indacate dagli stessi insegnanti intervistati: piu' ore di sostegno, maggiore presenza dei mediatori culturali, ma anche semplificazioni burocratiche sulla diagnosi e sulla certificazione di disabilita'.
(Wel/ Dire)