(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 28 nov. - Quello appena
trascorso e' stato un week end piuttosto movimentato per gli
utenti ed i rispettivi familiari del centro di riabilitazione per
disabili della Comunita' Progetto Sud di Lamezia. Proprio in
questi giorni, infatti, e' arrivata la notizia che l'Asp (Azienda
sanitaria provinciale) di Catanzaro ha deciso di interrompere
fino alla fine di dicembre le terapie che, ormai da diversi anni,
si praticano nel centro a favore di persone disabili, sia minori
che adulti. La decisione dell'azienda ha scatenato le proteste
delle famiglie dei tanti utenti della struttura, degli operatori
della Comunita' Progetto Sud guidata da don Giacomo Panizza,
della Fish Calabria di cui e' presidente Nunzia Coppede'. "L'Asp
di Catanzaro - spiega lo stesso don Panizza - stabilisce di
tagliare un congruo numero di terapie ai disabili che frequentano
la Comunita' Progetto Sud, tramite un contratto firmato il 3
agosto 2011 e che pretende di far valere non da quel giorno ma da
otto mesi prima, dal primo dell'anno".
Il sacerdote aggiunge: "Il direttore generale dell'Asp, Gerardo
Mancuso, si spiega inviandomi una missiva in cui scrive
testualmente che alle persone con disabilita' oltre i 18 anni, a
cui toglie comunque la terapia, ci pensera' in via diretta
l'azienda con i propri servizi, eventualmente per il tramite del
servizio di assistenza domiciliare, ove possibile". Don Giacomo
insiste e dice che sia la comunita' che i familiari degli utenti
del centro vogliono "smascherare il castello di fandonie di chi
sconsideratamente arreca danno a persone gia' indebolite a causa
di malattie e disabilita'". Ci si chiede, infatti, " come mai nel
territorio lametino c'e' una lista d'attesa di persone con
disabilita', anche gravissime, che non ricevono terapie? E come
mai - incalza don Panizza - abbiamo una lista d'attesa di 110
persone anche alla Comunita' Progetto Sud, che non possiamo
risolvere? Perche' non e' stata fatta terapia a chi ne aveva gia'
bisogno e gia' diritto? Sono disabili di serie B? Il direttore
generarle tagliera' le prestazioni a chi sta buono e calmo, pur
avendone bisogno? I 'nostri' - conclude il presidente della
Progetto Sud - non parteciperanno a questa ingiustizia". Nunzia
Coppede', presidente calabrese della Fish dichiara: "Come persona
disabile, con questa vicenda, mi sento violentata nei miei
diritti. Questo taglio drastico non tiene conto delle linee guida
della riabilitazione che richiedono la messa in atto di un vero e
proprio progetto di vita, non soltanto l'effettuazione pratica e
meccanica della terapia".
Coppede' fa notare: "Quando il direttore dell'Asp, nella sua
missiva, usa l'espressione 'ove possibile', fa chiaramente
intendere che non tutte le persone con disabilita' potranno
essere raggiunte nelle loro abitazioni dagli operatori
dell'azienda, al fine di usufruire della terapia necessaria.
Inoltre - evidenzia ancora la presidente della Fish - l'Asp non
si rende conto che ci sono disabilita' gravissime per cui la cura
riabilitativa e' fondamentale. Se questa viene interrotta, si
puo' anche rischiare la vita". L'azienda sanitaria nella sua nota
ufficiale inviata ai responsabili del Centro, ha fatto anche
sapere che effettuera' degli accertamenti ulteriori per
verificare le condizioni delle persone disabili che usufruiscono
della riabilitazione. Decisione che lascia molto perplessa e
amareggiata Nunzia Coppede', la quale dichiara: "Vogliono fare
altri accertamenti? Ma hanno 'montagne' di documenti e
certificazioni che attestano la disabilita' delle persone che
frequentano il Centro della Progetto Sud. Cio' vuol dire che i
documenti non li hanno nemmeno letti!" La vicenda ha generato lo
sconforto e l'indignazione dei parenti dei disabili che fanno
terapia al Centro, un gruppo compatto deciso a difendere i
diritti dei propri familiari che, nella struttura della Progetto
Sud, non hanno trovato solo dei bravi operatori sanitari, ma
hanno intrapreso un'importante esperienza di relazione sociale.
"Se non potremo piu' fare la terapia qui al Centro - rimarcano i
familiari - saremo condannati a rimanere in casa. La disabilita'
ritornera' ad essere una sorta di 'vergogna' privata, di
pregiudizio sociale. Uno stereotipo contro cui abbiamo combattuto
per anni e che ora ci costringerebbe a fare un grande passo
indietro sul piano della salute e dei rapporti umani".
(WEl/ Dire)