E' ancora emergenza in Giappone per le sostanze radioattive
fuoriuscite dalla centrale nucleare di Fukushima, teatro nelle
ore successive allo tsunami che ha sconvolto l'11 marzo scorso il
nord-est del paese, del piu' grave incidente nucleare della
storia insieme a quello di Chernobyl, di 25 anni fa. A fare
risalire l'allarme questa volta e' un test effettuato sul latte
materno di un gruppo di mamme residenti nelle prefetture di
Tokyo, Fukushima e altre tre prefetture a est e nordest della
capitale, in cui sono state rinvenute tracce di radioattivita'.
"Non costituiscono un pericolo per la salute dei bambini", si e'
affrettato ad aggiungere venerdi' scorso il ministero della
Salute nipponico dando notizia delle analisi. Peccato che si sa
poco o nulla della reale entita' dell'esposizione alle sostanze
radioattive della popolazione giapponese e quanto dureranno
ancora.
Le indagini, effettuate dal 24 al 28 aprile, sono state condotte
su 23 mamme tra i 20 e i 30 anni residenti: in sette sono stati
riscontrati valori di iodio radioattivo tra i 2,2 e gli 8
becquerel/kg, un livello radioattivo - hanno assicurato le
autorita' - non pericoloso per la loro salute e quella dei loro
bambini. Un rischio ci sarebbe solo se i valori superassero i
100/200 becquerel/kg. Le rassicurazioni del ministero della
Salute non bastano tuttavia a tranquillizzare l'opinione
pubblica. La situazione rimane infatti molto critica alla
centrale di Fukushima a causa del perdurare delle fuoriuscite di
fumi e delle migliaia di tonnellate di acqua altamente
radioattiva utilizzate per raffreddare i reattori, intrappolate
negli impianti. Non aiuta a riportare la calma nemmeno la scelta
del Governo di centellinare notizie e informazioni che
potrebbero, a detta di molti esperti, accelerare la soluzione
dell'emergenza. Greenpeace ad esempio vuole vederci chiaro sui
livelli di radiazione marina ed ha chiesto al governo giapponese
il permesso di condurre un monitoraggio indipendente nelle acque
giapponesi vicine alla centrale nucleare di Fukushima. Ad
effettuarlo sarebbe una squadra di radioprotezionisti sulla
Rainbow Warrior, tra cui anche l' italiana Giorgia Monti
responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia. Ma
l'esecutivo nipponico ha provato a scartarsi autorizzando
soltanto - osserva Greenpeace in una nota - "un programma di
ricerche molto piu' limitato, a maggiore distanza dalla costa."
(Wel/ Dire)