INDAGINE CONDOTTA IN 10 PAESI EUROPEI DALL'AGENZIA FRA.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 7 lug. - Lo studio dell'Agenzia
dell'Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), presentato
oggi ("Migrants in an irregular situation employed in domestic
work: Fundamental rights challenges for the European Union and
its Member States") legge la situazione nei dieci Paesi oggetto
dell'indagine e suggerisce alcune soluzioni in relazione ai
diritti fondamentali e alla condizione degli immigrati irregolari
impiegati come lavoratori domestici.
I risultati dello studio. La relazione si basa su colloqui
approfonditi con lavoratori domestici, organizzazioni della
societa' civile e sindacati attivi in dieci Stati membri dell'Ue
(Belgio, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia,
Polonia, Spagna e Svezia) e si riferisce al godimento dei diritti
fondamentali in cinque ambiti: condizioni di lavoro,
licenziamento, liberta' di associazione, meccanismi di
risarcimento e vita familiare.
Ne e' scaturito che solitamente il lavoro domestico svolto da
dipendenti risulta regolato da norme giuridiche e meccanismi di
esecuzione (come gli ispettorati del lavoro) in misura minore
rispetto ad altre forme di impiego.
Di norma, il lavoro domestico viene svolto da donne, spesso
immigrate in situazione irregolare, sottoposte a forme
discriminazione multipla, in quanto contemporaneamente vittime di
abusi basati sul genere, violenze sessuali incluse, che si
sovrappongono alla discriminazione razziale.
Non solo: di solito queste persone lavorano per molte ore e sono
scarsamente retribuite. I periodi di riposo, le ferie e i congedi
di malattia retribuiti spesso non vengono concessi, anche se
previsti dalla legge.
Sono state segnalate varie malattie professionali di tipo fisico
e mentale, aggravate dalla situazione di irregolarita'. È stato
rilevato che la minaccia o il timore di essere licenziati,
l'impossibilita' di beneficiare dell'assistenza sanitaria e
l'assenza del congedo di malattia retribuito hanno scoraggiato
queste persone dal cercare assistenza medica o dal curarsi, anche
nel caso in cui la lesione sia stata provocata da infortuni sul
lavoro. Questo, talvolta, porta a lesioni croniche o a
disabilita' permanenti.
Infine, le persone che tentano di rivolgersi alla giustizia in
seguito ad abusi o a sfruttamento devono affrontare vari
ostacoli. "Esse sono scoraggiate dal farlo soprattutto perche'
temono che alcuni enti pubblici possano avvertire le autorita'
competenti in materia di immigrazione, che potrebbero provvedere
alla loro espulsione - si legge -. Poiche' il loro impiego spesso
non viene formalizzato mediante un contratto scritto, questi
soggetti incontrano difficolta' nell'attestare l'esistenza di un
rapporto di lavoro. Analogamente, poiche' la loro attivita' viene
svolta in un contesto domestico, puo' risultare complicato
dimostrare un presunto abuso, avvalendosi ad esempio di un
testimone".
Possibili soluzioni. Introduzione, per tutti i lavoratori
domestici, di norme chiare che: "impongano limiti ai pagamenti in
natura; garantiscano che la retribuzione minima prevista dalla
legislazione nazionale riguardi anche i lavoratori domestici;
assicurino la pensione e il congedo di malattia; creino
condizioni di lavoro sane e sicure, come previsto dalla
convenzione dell'Oil adottata nel giugno del 2011".
Viene inoltre proposta l'estensione della supervisione da parte
delle autorita' di ispezione del lavoro al lavoro domestico,
nonche' l'introduzione di programmi mirati di migrazione in base
alla richiesta di lavoro domestico non soddisfatta dalla forza
lavoro disponibile. "Questo garantirebbe a tali lavoratori uno
status di immigrati regolari e la possibilita' di usufruire di
una maggiore protezione".
Infine, "favorire il ricorso alla giustizia garantendo un
supporto maggiore ai sindacati e alle organizzazioni non
governative, dato il ruolo chiave che ricoprono nel fornire
assistenza giuridica alle vittime di abusi e sfruttamento".
(Wel/ Dire)