(DIRE - Notiziario Sanita') Milano, 23 giu. - I consumatori
italiani potrebbero risparmiare acquistando farmaci provenienti
da altri Stati europei ma non lo sanno. Il fenomeno
dell'importazione parallela di farmaci nel nostro Paese occupa
una quota minima del mercato, inferiore all'1%. Una percentuale
irrisoria, se paragonata ad altri Stati come la Danimarca (16,5%)
e la Svezia (15,5%) dove questo tipo di commercio e' una realta'
consolidata da decenni ed in costante crescita. La nostra
legislazione infatti non incoraggia questa pratica che invece
avrebbe effetti positivi sia per le casse dello Stato che per i
pazienti che potrebbero risparmiare dal 5 al 20% rispetto al
prezzo al pubblico del medicinale di riferimento e disporre di
prodotti di qualita' e controllati.
Cosa sono i farmaci importati? Non sono ne' copie ne'
generici, dal punto di vista farmacologico hanno la stessa
efficacia degli originali. Sono gia' autorizzati nel Paese di
origine e l'importatore provvede unicamente a renderli idonei
alla commercializzazione nello Stato di destinazione,
rietichettandoli o riconfezionandoli in modo da garantirne
l'uniformita' per lingua e contenuti. Non bisogna dimenticare che
un'ulteriore garanzia e' rappresentata dal controllo da parte
dell'Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco). Ogni anno in Europa
vengono distribuiti 140 milioni di confezioni di prodotti
importati, pari al 7 % del mercato continentale dei farmaci
(circa 10 miliardi di euro). In Italia le aziende impegnate in
questo tipo di commercio sono rappresentate dall'Aip
(Associazione titolari di autorizzazioni all'Importazione
Parallela di medicinali dall'Europa). L'Aip e' a sua volta
rappresentata in ambito europeo dall'Eaepc (European Association
of Euro-Pharmaceutical Companies Mission Statement), che nasce
con il preciso scopo di promuovere il mercato dell'importazione
parallela in Europa al fine di contenere la spesa farmaceutica,
facendo risparmiare cittadino e Stato.
La necessita' di ricevere informazioni adeguate emerge
nell'opinione dei consumatori. Per un terzo dei 200 pazienti
intervistati l'acquisto e' infatti subordinato a rassicurazioni
da parte del farmacista sulla garanzia di pari efficacia e
sull'uguaglianza del principio attivo. Complessivamente solo l'8%
dei consumatori non comprerebbe un prodotto riconfezionato
proveniente dall'estero. Anche per i pazienti (64,5%) maggiori
spiegazioni contenute nel foglietto illustrativo contribuirebbero
ad aumentare la fiducia.
(Wel/ Dire)