(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 24 feb. - "Che cosa devo
fare?". È questa la prima domanda che, tipicamente, i genitori
rivolgono agli operatori degli sportelli di counseling familiare
quando scoprono che il loro figlio adolescente fa uso di sostanze
illecite. "Si tratta nella maggior parte dei casi di consumo di
cannabis, che i genitori scoprono dai resti lasciati nei cappotti
o nei cassetti, dagli odori o cogliendo i figli sul fatto". A
spiegare le reazioni delle famiglie e' il vicepresidente del
Gruppo Abele Leopoldo Grosso, intervenendo a Bologna al convegno
"Adolescenti e sostanze psicoattive". "È una domanda che indica
smarrimento e disorientamento - spiega -, infatti i genitori si
rivolgono agli operatori solo dopo tentativi di intervento che
non hanno avuto successo".
Secondo Grosso sono due gli atteggiamenti tipici da parte dei
genitori. "C'e' chi reagisce con una negazione, minimizzando il
fatto, e chi invece drammattizza". Ma dopo questa reazione a
caldo, di solito prevale lo smarrimento, e cosi' i genitori si
rivolgono al counseling sperando di ottenere una ricetta
risolutiva. "La domanda 'che cosa devo fare?' e' anche una forte
espressione di solitudine - continua Grosso - La famiglia oggi e'
molto piu' isolata rispetto al passato, inoltre a chiedere aiuto
e' di solito un singolo genitore, nella maggior parte dei casi la
madre".
La scoperta che il proprio figlio fa uso di sostanze rischia
cosi' di mettere in discussione il ruolo genitoriale. "La seconda
domanda, di solito, e': 'Che cos'altro fa?' - spiega il
vicepresidente del Gruppo Abele -. I genitori provano in altre
parole vergogna, senso di colpa, impotenza, annullamento di se',
ma possono tendere anche a colpevolizzare il figlio o addirittura
a diventare co-dipendenti, in una totale assenza di controllo". È
qui che entra in gioco il counselling, che ha il compito di
informare e rendere consapevoli i genitori, ma soprattutto di
ridare loro fiducia.
"I genitori devono riuscire a comprendere la natura del consumo
di sostanze, che puo' essere compatibile con lo stile di vita del
ragazzo oppure puo' portare a delle modifiche: insuccessi
scolastici, aggressivita' e in alcuni casi anche microspaccio,
con cui autofinanziare il proprio consumo". Per i casi piu'
difficili si possono attivare percorsi di psicoterapia e di
accompagnamento, ma in molti casi il counselling prevede
semplicemnte una serie di incontri (piu' o meno lunga) per
spiegare ai genitori come comportarsi. La "ricetta", i risultati
che i genitori si aspettano dagli operatori, non sono pero' cosi'
semplici da ottenere. "Si tratta - conclude Grosso - di tornare
al cuore del processo educativo, ovvero il riconoscimento
reciproco fra genitori e figli".
(Wel/ Dire)