(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 14 feb. - Per essere veramente
bello un jeans deve essere un po' usurato. I dettami della moda
ormai da alcuni impongono pantaloni che sembrano gia' usati in
origine. Per questo molte case di moda utilizzano un trattamento
detto "sandblasting", sabbiatura, per scolorire i loro jeans. Una
tecnica, pero', molto pericolosa, per i lavoratori che
contraggono in soli 6-24 mesi una forma acuta di silicosi, spesso
letale. Lo denunciano le organizzazioni aderenti alla Clean
Clothes Campaign, che da alcuni mesi hanno iniziato una campagna
per dire basta all'uso di questa tecnica e da oggi lanciano la
campagna internazionale per l'abolizione dei jeans sabbiati.
"Migliaia fra attivisti, medici, sindacalisti e organizzazioni
per i diritti umani chiedono l'immediata eliminazione di questa
tecnica- sostengono i promotori dell'iniziativa-. I produttori di
denim hanno volontariamente ignorato i continui appelli di
sindacati, organizzazioni per i diritti dei lavoratori e
associazioni mediche. I grossi marchi internazionali della moda,
del calibro di Diesel, Dolce & Gabbana e Armani hanno rifiutato
di instaurare un dialogo che portasse all'eliminazione definitiva
del sandblasting dalle loro filiere di produzione, dimostrando
molta piu' attenzione verso i loro interessi che verso i diritti
dei loro lavoratori".
La campagna di comunicazione virale per sensibilizzare i
consumatori sul tema sara' portata avanti attraverso diversi
canali. Prima di tutto i cittadini saranno invitati a inviare una
lettera di pressione ai piu' importanti marchi di moda e a
firmare l'appello internazionale rivolto a imprese e governi.
Attraverso il social network Facebook, inoltre, verra' chiesto
agli utenti di cambiare l'immagine del proprio profilo con il
logo della campagna e a inviare foto e video con lo slogan della
campagna. Infine i consumatori critici potranno trasformarsi in
veri e propri attivisti scaricando dal sito una "tasca virale" da
ritagliare e infilare nei jeans sabbiati in vendita nei negozi
alla moda. Tra i marchi incriminati, in particolare Dolce&
Gabbana, Armani, Diesel, Replay e Cavalli.
La Clean Clothes Campaign, ribadiscono le associazioni, "chiede
ai produttori che ancora vendono jeans sabbiati di eliminare tale
tecnica dai loro stabilimenti con effetto immediato e invita i
consumatori a prendere parte attivamente alla campagna
comunicando alle imprese di abbigliamento la loro
indisponibilita' a comprare jeans assassini". Tra gli aspetti
piu' critici secondo gli attivisti il fatto che i pantaloni
vengano lavorati in paesi in cui mancano le basilari condizioni
di igiene e sicurezza sul lavoro (Bangladesh, Cina, Messico,
Pakistan e Egitto) rendendo impossibile per i produttori
garantire le procedure di sicurezza. La silicosi e' una malattia
professionale che si contrae in seguito all'esposizione alla
polvere di silice. La patologia e' stata diagnosticata in
associazione con la sabbiatura del denim per la prima volta in
Turchia nel 2005. Un medico ha osservato che i lavoratori di
sesso maschile per lo piu' giovani che avevano lavorato nelle
fabbriche di jeans, contraevano la malattia che in precedenza,
era stata associata con il lavoro nelle miniere e nei cantieri
edili, nonche' con la fabbricazione di vetro e cerami. In
Turchia, dove la tecnica e' stata proibita nel 2009, gli
attivisti hanno gia' intentato cause legali contro i marchi
affinche' vengano accertate le responsabilita' per i danni
provocati e vengano assicurate cure mediche e risarcimenti
adeguati alle vittime del sandblasting. Alcune imprese come
Levi-Strauss e Hennes & Mauritz (H&M) hanno annunciato che
cesseranno la vendita di jeans sabbiati, "segno che un
cambiamento di rotta e' possibile- sostengono le associazioni-.
Anche Gucci ha fornito una strategia chiara per abolire il
sandblasting dai suoi stabilimenti. Mancano all'appello le altre
imprese italiane contattate da Abiti Puliti che non hanno ancora
espresso una posizione chiara e pubblica in tal senso come
Dolce&Gabbana, Armani, Diesel, Replay e Cavalli".
(Wel/ Dire)