(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 3 feb. - "Sole e abbandonate":
cosi' dicono di sentirsi le famiglie venete con figli autistici,
che lamentano la mancanza di interesse e impegno della regione.
Lo sfogo e' contenuto in una lettera a firma di Sonia Zen,
presidente di Angsa (Associazione nazionale genitori soggetti
autistici) Veneto, indirizzata al presidente Luca Zaia,
all'assessore alle Politiche sociali Remo Sernagiotto e
all'assessore alla Sanita' Luca Coletto. La richiesta e' di
occuparsi seriamente dei molti problemi affrontati
quotidianamente dalle famiglie, sia sul fronte prettamente
sanitario sia su quello scolatico.
"Ci sorprende che il diritto di cura, il diritto all'istruzione e
il diritto all'integrazione dei nostri figli venga completamente
ignorato, lasciando le famiglie completamente sole" e' la dura
presa di posizione dell'associazione, che manifesta cosi' le
proprie "angosce circa l'attuale situazione di incertezza".
Per mettere bene in chiaro le cose, Zen elenca alcune delle
principali e piu' urgenti problematiche, a cominciare dalla
scarsa formazione in materia di autismo dei medici di base e dei
pediatri che "non sempre sanno dare le indicazioni piu'
appropriate". A questo si aggiunge il ritardo della diagnosi e
una "presa in carico frammentaria, lasciata alla sensibilita'
degli operatori". Quando poi il bambino va a scuola i problemi si
moltiplicano: manca un dialogo tra servizi sociosanitari e
scolastici, il turnover degli insegnanti di sostegno e' altissimo
e troppo spesso si ha a che fare con l'assenza di preparazione da
parte del corpo docente, il tutto inserito in classi
sovraffollate.
C'e' poi il "dramma" del diciottesimo anno di eta', quando gli
autistici "spariscono dalle statistiche diventando semplicemente
disabili. Pertanto escono dall'assistenza della Neuropsichiatria
infantile ma non vengono accolti nella Psichiatria per adulti".
Zen, infine, denuncia la "farsa della richiesta periodica di
accertamento dell'invalidita'".
In sostanza, in Veneto si sente forte la mancanza di un Piano
regionale specifico, per cui "i soggetti affetti da questa
disabilita', portatori di bisogni peculiari, vengono trattati
alla stessa stregua di portatori di handicap generici". Il
giudizio finale, quindi, e' di "palese arretratezza". Eppure,
riferisce Zen, intervenire nella direzione auspicata dalle
famiglie non comporterebbe grandi spese, "quanto piuttosto una
formazione specifica del personale di assistenza e
un'organizzazione territoriale seria e puntuale, avvalendosi di
professionisti preparati che sarebbero in grado, se adeguatamente
strutturati, di formare altro personale specializzato". Un
ulteriore passo da tempo richiesto e' poi l'adozione delle linee
guida della Sinpia (Societa' italiana di neuropsichiatria
dell'infanzia e dell'adolescenza), finora ignorate.
(Wel/ Dire)