"LA MALATTIA AVANZATA PUÒ CONDIZIONARE L'OMISSIONE TERAPEUTICA?"
(DIRE - Notiziario Sanita' ) Roma, 11 apr. - La Corte di
Cassazione ha chiuso il processo sul caso di una donna deceduta
in seguito ad intervento chirurgico respingendo, di fatto,
l'impugnazione da parte del collegio di difesa della sentenza
gia' formulata nei due precedenti gradi di giudizio. La IV
Sezione Penale conclude in tal modo: "... con considerazioni che
consentono di escludere la 'prova dell'evidente innocenza' degli
imputati ... e che possa parlarsi di compendio probatorio
contraddittorio o insufficiente ... tale da legittimare il
prevalere della causa di proscioglimento nel merito sulla causa
estintiva del reato Pqm, annulla senza rinvio la sentenza
impugnata per essere il reato estinto per prescrizione".
"Una corretta interpretazione di tali frasi, pur nella
terminologia alquanto contorta- dichiara Rodolfo Vincenti,
presidente dell'Associazione chirurghi ospedalieri italiani
(Acoi) e co-fondatore della Fondazione 'Chirurgo e Cittadino'-
non puo' che essere quella che la Corte non accetta l'istanza dei
ricorrenti finalizzata al proscioglimento e conferma l'estinzione
del reato per prescrizione. Quello pero' che appare su tutti i
quotidiani della carta e della rete e' ben altro!- prosegue il
presidente Acoi- Si va da 'Spacciano false speranze: e' giusto
punire questi dottori' (Libero), 'Stop ai medici: vietato operare
chi e' in fin di vita' ( Il Giornale) , 'La Cassazione: no
all'accanimento terapeutico' (La Repubblica), 'La Cassazione: no
agli interventi senza speranza' (La Stampa), 'Cassazione: stop
agli interventi inutili' (Corriere della Sera). E potrei
continuare a lungo. Leggendo e rileggendo copia della sentenza e
delle motivazioni, appare evidente come tutte le suddette
titolazioni siano del tutto fuorvianti".
"Una donna ancor giovane e' deceduta per una gravissima
malattia e tale fatto ci obbliga a riflettere- sottolinea
Vincenti- non tanto sugli accadimenti che hanno portato a tale
esito (del tutto a noi sconosciuti), ma sul dibattito che in
queste ore, proprio sulla base di pessime interpretazioni della
sentenza, si e' aperto tra le varie e differenziate componenti
medico-legali-etiche-giuridiche".
Il presidente dei chirurghi ospedalieri italiani, poi, chiede:
"Il consapevole consenso del malato libera il terapeuta da
responsabilita'? La malattia avanzata puo' condizionare una
omissione terapeutica? Se mi dovessi basare sulla lunga personale
esperienza di chirurgo, direi proprio che se mi fossi astenuto
dal tentare l'impossibile, in casi apparentemente disperati, oggi
molti dei miei pazienti non sarebbero vivi- avverte- Anzi mi
permetto di invitare tutti coloro che in Italia hanno subito un
intervento 'impossibile' a raccontare ai media la loro vita
attuale".
"Ma non voglio scadere nel facile populismo in quanto la
problematica e' profonda e riguarda aspetti filosofici e etici
dei quali ciascuno e' proprietario- dice ancora Vincenti-
Qualcuno ha messo in discussione l'autodeterminazione del
paziente (nel caso la donna operata aveva sottoscritto un ampio
consenso all'intervento), sottilmente reintroducendo la querelle
sulla validita' del testamento biologico. Per nostra fortuna,
parole di profonda saggezza sono state pronunciate da molti-
ricorda Vincenti- Da Iuri Maria Prado ('...ma sull'eventuale mese
in piu' di vita che l'intervento, forse, puo' garantire, e sul
valore di questo supplemento di vita pur a costo di rischi e
sofferenze, chi deve decidere: il paziente col suo medico, o il
giudice?'.). A Giordano Bruno Guerri ('...a nessuno si puo'
negare il diritto di sperare in un miracolo laico... perche'
doveva essere libera di scegliere come e se vivere , come e se
morire'). Ma la saggezza del Cardinale Angelini (gia' ministro
vaticano della Sanita')- sottolinea il presidente Acoi- e' di
estremo conforto per noi chirurghi, davvero oggigiorno
sballottati tra Codici e Carta costituzionale spesso con
interpretazioni tra di loro contrastanti. E' moralmente lecito
rifiutarsi di operare un malato in condizioni disperate? 'No, la
speranza c'e' finche' esiste una sola possibilita' di salvare il
pazienteànon e' ammissibile negare ad un malato un intervento
chirurgico in ragione della gravita' delle sue condizioniàbisogna
intervenire al meglio delle possibilita' in qualunque
circostanzaà nessun giudice umano puo' stabilire la vita'. Grazie
Cardinale!- continua Vincenti- Le sue parole ci confortano nel
prosieguo della nostra difficile professione, ma vorremo tanto
che la politica potesse finalmente mettere mano alla definizione
di 'atto medico', che la giurisprudenza comprendesse che il
giudizio in tema di medicina debba considerarne la natura
'biologicamente probabilistica', che i colleghi periti ricordino
l'importanza della conoscenza approfondita di specialita'
chirurgiche caratterizzate da variazioni evolutive rapide ed
inarrestabili, che l'informazione tutta guardi piu' alla realta'
che alla notizia- conclude Vincenti- e che il cittadino e il
chirurgo comprendano che e' arrivato il momento di instaurare un
nuovo concetto di 'relazione' nella quale dialogo e condivisione
siano prioritari".
(Wel/ Dire)