LA PERCENTUALE DI SIEROPOSITIVI NELLE CARCERI È INTORNO AL 7%
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 21 mag. - Il fenomeno
dell'omosessualita', consumato nelle celle, segue dinamiche
particolari. Qui la prevenzione e' dimenticata in favore
dell'impulso e le malattie sessualmente trasmissibili si
diffondono, causa anche il consumo di droga. La stima dei
detenuti affetti da Hiv e malattie sessualmente trasmissibili e'
per gioco forza relativa. Il monitoraggio infatti non puo' essere
completo perche' solo una minoranza di detenuti, il 35%, come
riportano gli ultimi dati rilevati (2003) dall'Istituto Superiore
di Sanita', ha deciso di sottoporsi a test diagnostico. La
percentuale di sieropositivi negli Istituti penitenziari
italiani, e' stimata intorno al 7%. L'eta' media degli infettati
era compresa fra i 30 e i 45 anni (11,4%), molti provenivano dal
Nord (14,7%) o dalle isole (12,4%), accomunati da uno stato di
tossicodipendenza (18,2%) e di omosessualita' (50%).
Escludendo, invece tossicodipendenti e omosessuali, la
prevalenza di infezione da Hiv e' stata stimata pari al 3,5%
negli stranieri e al 2,6% nei reclusi di nazionalita' italiana.
Una prevalenze circa 10 volte maggiori rispetto a quelle attese
nella popolazione generale, che fa delle carceri una delle
realta' a piu' alta diffusione del virus.
Le iniziative per far fronte a questa situazione non mancano,
come "Yes, we condom", campagna per la distribuzione gratuita di
preservativi nelle carceri, organizzata dalla Lila (Lega italiana
per la lotta contro l'aids). Per il ministro della Salute Fazio,
pero', "non esistono evidenze di efficacia di tali interventi nel
ridurre la trasmissione dell'infezione da Hiv". La presidente
della Lila, Alessandra Cerioli ha risposto spiegando che in
Italia "il sesso in carcere e' praticato, e non attende certo la
nostra 'legittimazione', ma non puo' essere 'protetto'", cosi'
come riscontrano pure l'Organizzazione mondiale della Sanita', le
Nazioni Unite e il Consiglio d'Europa.
(Wel/ Dire)