NELL'EX OSPEDALE PSICHIATRICO GIORNATA IN DIFESA DELLA LEGGE 180
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 21 mag. - Era il 14 gennaio del
2000 quando le porte dell'ospedale psichiatrico di Roma, il Santa
Maria della Pieta', si chiudevano definitivamente, ultimo atto di
un lungo e tortuoso processo culminato con l'entrata in vigore
della legge 180.
Meglio conosciuta come legge Basaglia - dal cognome del
celebre psichiatra veneziano che la partori' - la legge 180 ha
segnato una pietra miliare nella storia della psichiatria,
archiviando definitivamente l'era della ghettizzazione dei malati
mentali e restituendo loro dignita' e il diritto alla
cittadinanza in un tessuto sociale. Un'eredita' che a dieci anni
di distanza appare ancora come una conquista rivoluzionaria che
merita di essere festeggiata: oggi la Cgil propone, con il
patrocinio della Provincia di Roma, una giornata per ribadire il
ruolo fondamentale dei servizi pubblici di salute mentale e per
riaffermare il diritto al lavoro.
Il 14 gennaio di 10 anni fa di ospiti al Santa Maria della
Pieta' ce n'erano davvero pochi: una decina, forse meno, ricorda
Tommaso Losavio, primario dell'ex manicomio capitolino nonche'
direttore del progetto per il superamento dell'ospedale
psichiatrico. "Dove l'azione e' stata svolta correttamente, la
chiusura della struttura non e' avvenuta per un processo di
de-ospedalizzazione - spiega - ossia il trasferimento degli
internati da dentro a fuori, ma per un processo che noi chiamiamo
de-istituzionalizzazione, cioe' uno smontaggio della macchina
manicomiale, che riguarda non solo i pazienti ma anche gli
operatori che si trovavano a dover lavorare con una cultura
completamente diversa da quella che avevano praticato per anni
nel manicomio".
"Furono anni difficili - ricorda Losavio, approdato al Santa
Maria della Pieta' dopo una lunga collaborazione a Trieste con
Basaglia - e ci scontrammo con le ostilita' delle famiglie dei
pazienti" chiamati ora a svolgere quel ruolo insostituibile,
certamente anche gravoso, nella vita delle persone, e con i
pazienti stessi. "La fate facile voi psichiatri, ma non sapete
quanto sia difficile per noi entrare fuori e uscire dentro" dice
l'ex primario citando le parole di Nino, uno degli ultimi a
lasciare le stanze del Santa Maria della Pieta'. Parole evocative
dove il "dentro" si riferisce alla citta', il territorio, insomma
a quello spazio essenziale per stabilire relazioni sociali e per
questo elemento fondante della legge 180.
"La chiusura del manicomio ha cambiato il modo di stare male"
spiega ancora Losavio, che domani sara' uno dei relatori del
dibattito dal titolo "La centralita' del territorio nei percorsi
di cura" che si terra' tra i padiglioni e le palme dell'ex
ospedale romano. E sara' proprio il territorio il protagonista
indiscusso della seconda edizione del premio "Franco Basaglia"
che quest'anno attraverso un riconoscimento simbolico - un
attestato in pergamena - vuole ricordare l'impegno di cittadini e
cittadine nell'ambito politico, scientifico, artistico e sociale:
medici, infermieri, poeti, pittori, operatori ma anche pensionati
e studenti, baristi, conducenti di bus e ristoratori, insomma
coloro che in misura diversa hanno contribuito al reintegro dei
malati mentali nella comunita' locale.
"Pensare alla persona come totalita', immersa nella qualita'
dei rapporti sociali, chiudere con il manicomio e con la cura
imposta ed indiscutibile aprendo ad un progetto terapeutico
consapevole e partecipato. Tutto cio' e molto altro evoca il
superamento dell'Ospedale psichiatrico" spiega Saverio Benedetti,
ideatore dell'evento, psicologo dell'ufficio psico-pedagogico del
Comune di Roma, che ribadisce la centralita' del concetto di
lavoro nella chiusura dei manicomi: "Superare gli ospedali
psichiatrici vuol dire pensare ad ognuno, senza esclusioni, come
ad una persona che - messa nelle condizioni di adoperare le
proprie capacita' - attraverso il lavoro puo' contribuire alla
ricchezza della socialita'".
Sullo sfondo della celebrazione i ricordi e i racconti
dell'epoca, quelli dei pazienti in primo luogo, come Giuseppina,
emblema del manicomio stesso. Internata di lungo corso,
soprannominata "cavaocchi" per la sua aggressivita', grazie alla
legge Basaglia e' riuscita a condurre, nell'ultimo periodo della
sua esistenza, una "vita normale" all'interno di una casa
famiglia dove si e' spenta. E poi ancora Anna, apolide romena, in
passato ballerina di successo che aveva calcato i palcoscenici
della Rai, ma di cui nessuno sapeva nulla finche' uscendo
dall'ospedale non riconobbe gli studi di Via Teulada: fino ad
allora la psichiatria non si occupava dell'individuo e ignorava
che la storia della malattia e' la storia di una persona.
(Wel/ Dire)