TORNANO AL LAVORO MA PER 6 SU DIECI LA DEPRESSIONE E' IN AGGUATO.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 23 lug. - Guai a chiamarle
lungosopravviventi: loro si definiscono guarite. Sono le
italiane, ormai oltre 400.000, che hanno superato il tumore al
seno. Si sentono bene (il 72,6% e' soddisfatto del proprio stato
di salute, il 26% molto soddisfatto) e ritengono di essere state
seguite in modo piu' che positivo (45,2%), addirittura eccellente
nel 7,8% dei casi. Ma e' l'aspetto psicologico a risultare
indebolito. Oltre il 30%, infatti, si sente meno femminile, circa
il 20% rileva cambiamenti nella propria situazione familiare e
nei rapporti sociali, sei su dieci hanno sperimentato un periodo
di depressione. E il 65% teme di ammalarsi di nuovo. È la
fotografia che emerge dalla prima indagine nazionale promossa
dall'Associazione ricerca ed educazione in oncologia (Areo) in
tre centri oncologici di eccellenza: il Dipartimento di oncologia
dell'Universita' di Modena e Reggio Emilia, nella Divisione di
oncologia dell'Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di
Genova e all'IRCCS "Regina Elena" di Roma presso il Dipartimento
di oncologia. Da ottobre 2009 a maggio 2010 sono state coinvolte
150 ex-pazienti, a 5 e 10 anni dalla diagnosi. "Il nostro
obiettivo era analizzare, per la prima volta con criteri
scientifici, l'impatto di questa malattia nel lungo periodo -
spiega Pierfranco Conte, coordinatore dello studio - I risultati
in parte ci sorprendono perche', per fortuna, il livello di
reintegrazione sociale sembra buono e non si notano
discriminazioni evidenti. La stragrande maggioranza torna al
lavoro e solo un 4% lo ha perso nel periodo della terapia. Oltre
il 50% al rientro ha scelto di mantenere il tempo pieno, e appena
il 10% ha subito una riduzione dello stipendio.
Colpisce, invece, in negativo l'assenza di supporto psicologico".
Secondo Francesco Cognetti, direttore del Dipartimento di
oncologia pressol'IRCCS "Regina Elena" di Roma,"La neoplasia del
seno e' particolarmente ricca di significati simbolici e si
ripercuote con piu' evidenza, rispetto ad altre, sulla sfera
sessuale. Fra le donne in eta' fertile, il desiderio e'
compromesso in un'alta percentuale (il 34% del gruppo a meno di
10 anni dalla diagnosi) - prosegue l'esperto - e solo il 16% ha
preso in considerazione l'idea di una gravidanza. Oggi sappiamo,
invece, che non esistono controindicazioni alla maternita' dopo
questa malattia. Anzi, la preservazione della capacita'
riproduttiva rappresenta una delle nuove priorita' per gli
oncologi medici, sempre piu' preoccupati non solo di sconfiggere
il tumore ma di garantire la miglior qualita' di vita alle
proprie pazienti". L'indagine e' stata presentata ieri a Roma in
un seminario nazionale, reso possibile grazie al supporto di
Astrazeneca e dedicato a pazienti e familiari.
(Wel/ Dire)