CRESCE LA PERCENTUALE DI QUELLI "CONNESSI" GIA' A 6 ANNI
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 29 giu. - Evitare l'uso della
tecnologia in funzione di un puro e semplice divertimento, di una
distrazione alienante e fine a se stessa. E' questo l'appello che
lancia il pedagogista Daniele Novara, responsabile del Centro
psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti. Dalle
pagine della rivista trimestrale "Conflitti" edita dal Centro,
Novara mette in guardia genitori e educatori: "Se il computer e
Internet diventano rifugi narcisistici e autoreferenziali la
depressione e' dietro l'angolo, come materializzazione di quella
paura della realta' e dell'incontro con gli altri che
progressivamente incancrenisce le nuove generazioni". Si',
perche' "l'utilizzo creativo" della tecnologia c'e' quando il
fine non e' interno alla tecnologia stessa ma esterno, orientato
all'esplorazione della realta' e dell'esperienza tangibile
piuttosto che alla sua esclusione.
"Il rapporto che lega i ragazzi ai mezzi informatici e' uno dei
fenomeni piu' complessi del nuovo millennio" argomenta Novara. "I
bambini di oggi realizzano un esperimento di cui non sappiamo
l'esito. Le ricerche ci parlano di dipendenza tecnologica, ossia
di modalita' cerebrali e neuronali che in qualche modo si
plasmano non tanto a partire dalla vita vissuta quando dalla
frequenza nell'uso di certi mezzi digitali".
Secondo l'indagine multiscopica Istat del 2008 "La vita
quotidiana di bambini e ragazzi", il cellulare e' il primo
strumento per cimentarsi nella creazione e manipolazione di
contenuti multimediali. In media si comincia a usare abitualmente
internet a 10 anni, ma cresce la percentuale di quelli "connessi"
gia' a 6. Il web viene usato per i compiti, per i giochi e per
scaricare musica.
"Per poter seguire i suoi interessi e anche le amicizie che fa
in rete, senza tralasciare il quotidiano, il ragazzo accumula
poche ore di sonno, che col tempo possono diventare un disturbo
vero e proprio, l'insonnia". E studi americani hanno individuato
un legame vero tra difficolta' a dormire e tempo trascorso alla
consolle.
Allora, si chiede Novara, come tutelare i bambini da una
situazione che e' senza dubbio di impoverimento, che crea
dipendenza dallo schermo plasmando soggetti sempre piu'
indolenti, pigri e incapaci di affrontare il percorso scolastico?
"Occorre garantire ai piu' piccoli la possibilita' di recuperare
elementi di scoperta e incontro, esperienze reali con i
coetanei.Occorre aiutarli a 'scollegarsi' un po' da questo mondo
virtuale che li allontana sempre piu' dalla vita concreta".
C'e' anche il problema che gli adulti sono molto spesso
impreparati di fronte alle nuove tecnologie che i loro figli,
"nativi digitali", sanno manipolare benissimo. E rischiano cosi'
di non saper valutare e di commettere errori sul percorso
educativo con i figli, non svolgendo quel ruolo di 'mediatori' di
cui i bambini avrebbero bisogno, soprattutto quando si trovano
davanti a cio' che non riescono a comprendere fino in
fondo. Insomma oggi, dice Novara, o ci si alfabetizza sulle nuove
tecnologie o si rischia di venir meno, con esiti pesanti, al
ruolo educativo di genitori. E "anche tra i docenti c'e' chi ne
sa meno dei propri allievi, rafforzando cosi' il gap
tecnologico". "Per i genitori e' necessario condividere coi figli
mezzi ormai indispensabili ma che possono essere anche rischiosi.
Lasciare i figli davanti a tv, pc e display del telefonino a
cercare risposte ai loro problemi non e' una buona idea, si
rischia una forma di dipendenza depressiva". Uno studio del 2009
pubblicato sulla rivista "Achives of general psychiatry"
evidenzia che l'eccessiva esposizione alla tv durante
l'adolescenza, sottraendo spazio ad attivita' ricreative di tipo
sociale, intellettuale e sportivo, rappresenterebbe un fattore di
rischio per sviluppare sintomi depressivi all'ingresso dell'eta'
adulta. "Come educatore - dice Novara - spero in una inversione
di tendenza, dove persone e gruppi recuperino il loro controllo
sulla tecnica. Prima che l'educazione diventi una 'fast
education' forse resta ancora un po' di tempo per prendere
un'altra strada".
(Wel/ Dire)