(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 12 gen. - Dopo i 50 anni di
eta' sottoporsi - anche in condizioni di normalita' - a test di
memoria puo' evidenziare precocemente la predisposizione a
sviluppare la malattia di Alzheimer. Cio' unendo la valutazione
con test ad un nuovo tipo di risonanza magnetica nucleare in
grado di rilevare le alterazioni anatomiche a carico delle aree
del cervello responsabili del funzionamento della memoria stessa,
in particolare quelle microstrutturali riferibili all'ippocampo;
alterazioni che risultano sempre associate ad eventuali deficit.
E' quanto ha messo in evidenza uno studio italiano condotto
presso l'Irccs Fondazione Santa Lucia di Roma e pubblicato lo
scorso 6 gennaio su Neurology, rivista ufficiale dell'American
academy of neurology.
Da diversi decenni e' noto che gli individui sofferenti (per
cause traumatiche, tossiche, infettive, etc.) di un danno
anatomico a carico dell'ippocampo presentano, invariabilmente,
una riduzione dell'efficienza della memoria fino ad vera e
propria amnesia. Questo studio, sottolinea l'Irccs Fondazione
Santa Lucia in una nota, ora ha evidenziato che e' proprio
l'ippocampo (insieme alle vicine strutture paraippocampali) il
primo ad essere aggredito dall'Alzheimer. Cio' spiega perche' un
deficit della memoria e' il piu' immediato campanello d'allarme
dell'insorgenza della malattia anche in soggetti relativamente
anziani ed apparentemente normali. Lo studio e' stato condotto da
un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze
dell'Universita' di Roma Tor Vergata e della Fondazione Santa
Lucia: Giovanni Carlesimo, Andrea Cherubini, Carlo Caltagirone e
Gianfranco Spalletta.
Per arrivare ad evidenziare questa correlazione, i ricercatori
hanno preso in esame 76 soggetti sani ed esenti da chiare
patologie neurologiche, di eta' compresa tra i 20 e gli 80 anni.
Questi sono stati sottoposti ad un nuovo tipo di risonanza
magnetica nucleare (Rmn) dell'encefalo: la diffusion tensor
imaging (Dti) che consente di evidenziare alterazioni della
microstruttura delle cellule nervose. Il campione studiato e'
stato contemporaneamente valutato con test di memoria verbale e
visiva a lungo termine. Dalla valutazione congiunta,
neuroradiologica e neuropsicologica, e' emerso che nei soggetti
al di sopra dei 50 anni le basse prestazioni ai test di memoria
sono correlate a significative alterazioni microstrutturali a
livello dell'ippocampo.
I risultati dello studio suggeriscono quindi che anche nei
soggetti anziani con prestazioni della memoria ridotte al livello
piu' basso della soglia di normalita' - ma non clinicamente
rilevanti - andrebbe accertata l'eventuale contemporaneita' di
alterazioni microstrutturali a carico dell'ippocampo. Il
riscontro di questa associazione tra le due condizioni potrebbe
essere predittiva di un'aumentata suscettibilita' a sviluppare la
malattia di Alzheimer. Se la valutazione periodica (per circa tre
anni) dei soggetti inclusi nello studio, attualmente in corso
presso la Fondazione Santa Lucia, confermera' la validita' di
questa metodologia, potrebbero essere sviluppate nuove e piu'
precoci terapie farmacologiche in grado di modificare in modo
significativo il decorso della patologia neurodegenerativa.
(Wel/ Dire)