"IL 25% DEI RAGAZZI PROVIENE DA ADOZIONI O DA AFFIDI FAMILIARI".
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 4 feb. - Meno orfani e ragazzi
provenienti da situazioni di poverta' materiale e piu' minori con
sofferenza psichica. Sono cambiati negli ultimi venti anni gli
ospiti delle comunita' familiari di Roma e del Lazio, riunite a
convegno nella Capitale per fare il punto sulle nuove sfide che i
cambiamenti della societa' impongono: concentrarsi meno sugli
aspetti assistenziali e piu' su quelli della sofferenza psichica
e della relazione. Il primo convegno regionale dell'Unione delle
comunita' familiari per minori di Roma e del Lazio, a cui
aderiscono circa 70 realta' parte, parte dunque, da questa
premessa: i cosiddetti "ragazzi difficili", che la letteratura
scientifica definisce "al limite" o "border line", presentano
sintomi che non sono tanto da "rieducare" negli effetti, ma da
"curare" nelle cause.
"Il nostro lavoro in questi anni e' quello di cercare di
uscire da quell'approccio esclusivamente educativo o rieducativo
per ragionare sulle caratteristiche proprie dei minori che
arrivano in comunita' negli ultimi anni - spiega il presidente
dell'Unione delle comunita' di tipo familiare di Roma e Lazio,
Gianni Fulvi - Ci sono meno ragazzi che hanno perso i genitori o
provenienti da situazione di indigenza e piu' minori con forti
deprivazioni affettive". Un aspetto, quest'ultimo che ha
costretto le comunita' a rivedere il proprio approccio. "Nel
corso degli anni abbiamo assistito a comportamenti sempre piu'
complessi - prosegue Fulvi - che presentano sintomi di forte
aggressivita' o di rifiuto". La prima reazione da parte delle
comunita' e' stata quella di creare strutture sempre piu'
piccole, che ricreassero ambienti piu' familiari e somigliassero
sempre meno agli istituti. Ma e' stata necessaria anche "una
crescita formativa da parte delle comunita'" e un collegamento
con il cosiddetto mondo "psi": psicologia, psichiatria e
psicoanalisi.
Ma chi sono esattamente i minori accolti nelle comunita' di
Roma e del Lazio? "Oggi circa il 25% e' composto da adolescenti e
pre-adolescenti provenienti da affidi familiari o da adozioni
nazionali e internazionali - risponde Fulvi. - C'e' un errore a
monte: - precisa - il non aver valutato bene il grado di
sofferenza di questi minori e il pensare che, una volta inseriti
in un contesto familiare, potessero magicamente guarire". La
stragrande maggioranza dei minori accolti, inoltre, continua ad
essere di nazionalita' italiana. Infatti, l'aumento dei minori
stranieri nati in Italia o arrivati nel nostro paese da soli o
con le famiglie riflette l'incremento degli immigrati residenti -
precisa il presidente dell'Unione delle comunita' di Roma e del
Lazio. Infine - spiega Fulvi - "tra le comunita' che aderiscono
all'Unione ci sono anche quelle che accolgono donne e bambini, il
50% delle quali costituite da madri straniere. Anche in questo
caso si pensava che il problema fosse solo di tipo materiale, ma
ci siamo dovuti ricredere - precisa. - Spesso queste famiglie
presentano psicopatologie piuttosto gravi".
Insomma - tira le conclusioni Fulvi - "ci siamo accorti che nelle
nostre strutture non potevamo dare soltanto un aiuto di tipo
materiale e assistenziale, ma era necessario un di piu': dovevamo
chiedere aiuto alla scienza". Ma questo e' solo l'inizio. "Se
fino a questo momento abbiamo ragionato prevalentemente
sull'aspetto organizzativo che ci differenziava dai grandi
istituti ora dobbiamo riflettere su come creare le relazioni
all'interno delle comunita'".
(Wel/ Dire)