DISABILITÀ. BOLOGNA, COMUNE VUOLE ARRETRATI: FAMIGLIE AL TAR
BATTAGLIA LEGALE SULLE RETTE, "VOGLIAMO PAGARE IL GIUSTO".
(DIRE - Notiziario Sanita') Bologna, 30 apr. - Hanno sacrificato
le loro vite per accudire i figli disabili gravi, qualcuno si e'
giocato persino il patrimonio; adesso una trentina di famiglie
bolognesi vive anche l'incubo di debiti enormi da pagare al
Comune, che sta inviando loro cartelle a raffica per rette non
pagate nei centri diurni. Ma questi genitori continuano a
battersi: per fare valere le loro ragioni stanno preparando un
ricorso al Tar dell'Emilia-Romagna contro le richieste di
pagamento, che sara' presentato a breve, mentre 18 solleciti sono
gia' stati impugnati di fronte al Giudice di pace. Un'odissea
burocratica e giudiziaria che parte da lontano, ma che sta
arrivando all'apice proprio in questi mesi di commissariamento di
Palazzo D'Accursio. Da due anni, 30 famiglie che hanno disabili
gravi e gravissimi ospiti dei centri diurni e residenziali hanno
sospeso unilateralmente il pagamento delle rette con la richiesta
di "pagare il giusto" al Comune: una legge nazionale del lontano
2000 ha infatti fissato nel solo reddito del disabile (con
l'esclusione della pensione d'invalidita' e dell'indennita' di
accompagamento) il criterio per stabilire la quota di contributo.
Ma a livello locale di questa norma non sempre si e' tenuto
conto, nonostante le rassicurazioni messe nero su bianco nei
confronti di una di queste situazioni da parte della stessa
presidenza della Regione Emilia-Romagna nel 2004; a Bologna le
famiglie dei disabili hanno continuato a versare, come fanno dal
1993, un contributo per il trasporto e la mensa. Il Comune, come
si legge nella diffida presentata dalle famiglie nei mesi scorsi,
richiede "l'intervento delle famiglie dei beneficiari laddove il
reddito degli stessi non sia sufficiente" a coprire la quota di
compartecipazione.
Il fatto e' che il municipio sta facendo muro e nelle ultime
settimane sono piovute le cartelle con gli arretrati da pagare,
al ritmo di 800-900 euro alla volta. Prima quelli del 2008, poi
sara' la volta di quelli del 2009 e del 2010: in tutto, alcuni
nuclei, gia' in difficolta' per l'assistenza dei loro figli
disabili gravi e gravissimi ("non puoi lavorare come gli altri e
quando invecchi non hai una pensione", sottolineano) si
troveranno a pagare diverse migliaia di euro di arretrati. Eppure
questi genitori possono citare 25 sentenze a loro favore a
livello nazionale, tra cui quella ottenuta dal Giudice di pace di
Bologna nel 2006. Contro la pioggia di cartelle si sta impegnando
anche lo studio legale del consigliere regionale Pd, Antonio
Mumolo. E' di un avvocato del suo studio la comunicazione inviata
a Palazzo D'Accursio il 19 aprile: "Vi diffido dall'intraprendere
qualsiasi azione volta al recupero coattivo del credito,
inesistente e/o illegittimo, riservandomi sin da ora, in caso
contrario, di agire in tutte le sedi civili e penali".
Non solo. "E' evidente che il Comune, persistendo in una
azione gia' ritenuta infondata, si esporrebbe ad un giudizio di
responsabilita' contabile dinanzi alla Corte dei conti", si legge
ancora. Ma il Comune, dopo le vaghe promesse fatte nel passato,
tira dritto per la sua strada, appoggiandosi anche a disposizioni
recenti della Regione. La secca risposta dello scorso 11 marzo,
firmata dal direttore dei Servizi alle famiglie, Davide Minguzzi,
ribadisce come "pienamente efficaci" i criteri con cui vengono
richiesti i contributi: da questi l'amministrazione "non ritiene
di potersi in alcun modo discostare".
Per la presidente dell'Anfass provinciale di Bologna, Gabriella
D'Abbiero Romagnoli, "c'e' un problema di ordine legale ma anche
di ordine etico. Dov'e' il sostegno alla famiglia?- si chiede-
questa e' una politica ottusa, che considera i servizi nei
confronti degli handicappati gravi allo stesso livello di altri
servizi come i nidi. Ma un disabile rimane dall'inizio alla fine
a carico della famiglia, non produce ma consuma reddito".
(Wel/ Dire)
|