(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 27 ott. - La comprensione dei
meccanismi che regolano il dolore fa un nuovo passo in avanti.
Uno studio pubblicato nei giorni scorsi su 'The Journal of
Neuroscience', rivista ufficiale della societa' americana di
Neuroscienze, ha dimostrato che guardare una parte del nostro
corpo sottoposta a stimolazione dolorosa induce una riduzione del
dolore stesso, sia come intensita' che come percezione della sua
spiacevolezza.
La prima linea di difesa del nostro corpo contro stimoli
esterni potenzialmente dolorosi e' costituita dall'attivazione di
appositi recettori, particolari fibre dette nocicettori: tramite
la loro attivazione selettiva e' possibile studiare le possibili
modulazioni del sistema dedicato all'elaborazione degli stimoli
dolorosi. Cio' si ottiene avvalendosi di uno stimolo laser, con
la tecnica neurofisiologica dei potenziali evocati laser o LEPs.
Ricorrendo ai LEPs, nella ricerca e' stata osservata una
riduzione di ampiezza del potenziale doloroso evocato quando il
campione di soggetti osservava (tramite uno specchio) la propria
mano sinistra mentre la destra veniva sottoposta a stimolazione
laser. Tale procedura, definita mirror-box illusion, creava
efficacemente l'illusione di guardare direttamente la mano
destra. I risultati ottenuti hanno indicato che una modulazione
del dolore viene innescata dalla semplice osservazione del punto
corporeo sottoposto a stimolazione nocicettiva.
Sorprendentemente, tale effetto e' risultato specifico soltanto
per il proprio corpo: nessuna riduzione dei LEPs, quindi della
sensazione di dolore, si e' invece registrata quando i soggetti
studiati osservavano la mano di un'altra persona
contemporaneamente alla stimolazione dolorosa che avveniva sulla
propria.
Tutto cio' ha suggerito ai ricercatori che le terapie del
dolore potrebbero avvalersi di interventi basati anche sulla
modulazione cognitiva del dolore stesso e messi in atto dalla
persona sofferente. In sostanza, guardare il proprio corpo in uno
stato di dolore potrebbe avere importanti e strategiche
applicazioni terapeutiche, attualmente basate quasi
esclusivamente su interventi esterni come il trattamento
farmacologico.
La ricerca e' stata svolta presso l'Irccs Fondazione Santa
Lucia e l'Universita' La Sapienza di Roma. L'hanno realizzata la
dottoressa Viviana Betti e il professor Salvatore Maria Aglioti,
con la collaborazione del professor Patrick Haggard e del dottor
Matthew Longo dell'University College London. Il lavoro
scientifico si e' avvalso dei finanziamenti del ministero
dell'Universita' e Ricerca e del ministero della Sanita'.
(Wel/ Dire)