(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 13 ott. - Novecento cardiologie ospedaliere e circa cinquanta universitarie su tutto il territorio nazionale. Sono questi i numeri che nel nostro Paese mostrano una rete capillare di cardiologie diffuse sul territorio. Una realta' che pone l'Italia tra i primi Paesi al mondo per servizio offerto a tutti i cittadini, che possono essere curati secondo i migliori livelli di assistenza in qualunque localita' e in qualunque ora. "Tutto questo rischia di essere vanificato- dicono i cardiologi della Federazione italiana di cardiologia (Fic)- se il Servizio sanitario nazionale dovesse mettere in atto un piano destinato ad accorpare le unita' operative di cardiologia con altre strutture non cardiologiche. In questo modo si rischierebbe di compromettere la qualita' delle cure e la continuita' assistenziale". La decisa presa di posizione dei cardiologi italiani viene presentata oggi in un documento al Senato, Sala Capitolare, durante un incontro fra le Istituzioni e la cardiologia italiana. "La Fic che riunisce oltre 14.000 cardiologi italiani (ospedale, universita', territorio, settore privato accreditato)- afferma Giuseppe Di Pasquale, presidente della federazione- intende portare alle Istituzioni sanitarie, attraverso un documento unitario, il proprio contributo tecnico di proposta di modelli organizzativi per la migliore assistenza cardiologica. Il documento- spiega Di Pasquale- si concentra sui diritti delle persone con malattie cardiovascolari e/o a rischio di queste, in particolare sul diritto di cura da parte della competenza professionale piu' appropriata, ovvero dello specialista cardiologo". La Fic esprime, poi, "il timore che il modello assistenziale per intensita' di cure, la cui realizzazione e' stata gia' avviata in alcune Regioni, rappresenti un regresso in termini clinici ed organizzativi riducendo l'efficacia delle cure e disperdendo il patrimonio di esperienza specialistica accumulato in oltre 40 anni di evoluzione della disciplina cardiologica. I risultati ottenuti sul piano della riduzione della mortalita' cardiovascolare in questi decenni dimostrano l'efficacia del sistema basato sulla realizzazione di ambiti assistenziali specialistici per la cardiologia". Secondo l'Associazione nazionale dei medici cardiologi ospedalieri (Anmco), "la diversificazione delle strutture cardiologiche, che appaiono complessivamente in numero adeguato, sottolinea la necessita' di una loro integrazione in rete a livello territoriale, onde garantire un percorso assistenziale completo incentrato sulle unita' coronariche. Questo modello negli ultimi 5 anni- spiega Salvatore Pirelli, presidente Anmco- ha consentito una drastica riduzione della mortalita' per infarto dal 15 al 4% per i pazienti ricoverati in unita' coronarica, come risulta da un recente studio clinico condotto in Italia in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanita'. Ridimensionare le unita' coronariche potrebbe vanificare i brillanti risultati raggiunti. A nostro avviso- conclude- il dipartimento Cardiovascolare rappresenta il modello piu' idoneo per garantire l'efficienza e la completezza dei percorsi diagnostico-terapeutici ove si puo' realizzare il massimo livello di integrazione specialistica e una razionalizzazione ottimale delle risorse". Anche la Societa' italiana di cardiologia (Sic), attraverso il presidente Paolo Marino, condivide il "ragionevole timore che un modello assistenziale diverso dall'attuale possa indurre uno scadimento clinico ed organizzativo. Il modello sanitario incentrato sull'intensita' di cure- dice- se applicato alla cardiologia, rischia di generare una frammentazione dei percorsi assistenziali del paziente cardiopatico". La Sic auspica, infine, la creazione del "dipartimento cardiovascolare come strumento di integrazione specialistica d'organo, capace di ottimizzare risorse e competenze in campo cardiovascolare, rappresentando lo stesso il core di quella formazione specialistica che il ministero dell'Istruzione affida alle scuole di specializzazione in malattie dell'apparato cardiovascolare". (Wel/ Dire)