AIOM: MA IL 35% SI SENTE DISCRIMINATO E MOLTE CAMBIANO MANSIONI.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 19 nov. - Il 40% delle donne
che hanno avuto un tumore al seno ricomincia a lavorare a due
mesi dalla diagnosi, soprattutto se svolge un lavoro d'ufficio. A
due anni dalla malattia la percentuale si alza al 74%. Ma il 35%
si sente discriminato. E se molte tornano alla stessa attivita'
che svolgevano prima di assentarsi, altre preferirebbero invece
ottenere, ma non sempre ci riescono, un part-time, e il 25% deve
adattarsi a mansioni diverse. Al reinserimento professionale dopo
la malattia e ad altri argomenti di rilevante impatto
psicosociale, come la sessualita', la possibilita' di avere un
figlio, un tempo relegati in secondo piano, e' dedicato il
convegno "La vita oltre il cancro", organizzato dall'
Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) Lombardia, che
si svolge domani a Milano al teatro Angelicum dalle 8.30 alle
16.30. Un'occasione di dibattito e di confronto non solo per gli
oncologi, ma anche per gli psicologi, gli infermieri, le
associazioni dei pazienti e, piu' in generale, i cittadini.
"Negli ultimi anni- spiega Maria Rosa Strada dell'oncologia e
riabilitazione oncologica della Fondazione Maugeri di Pavia e
presidente del Convegno- abbiamo raggiunto importanti progressi
in campo oncologico grazie alle terapie personalizzate, che hanno
consentito di ottenere un aumento significativo dell'aspettativa
di vita e, in alcuni casi, di raggiungere una piena guarigione.
Si aprono quindi nuove sfide, anche per l'oncologo".
Sia il paziente guarito che quello cronico, in cui le terapie
riescono a controllare a lungo la malattia senza pero' eliminarla
completamente, esprimono desideri legati a una vita normale. "E'
aumentata la consapevolezza che la cura del paziente oncologico
deve essere a tutto tondo- continua l'oncologa- rivolta cioe',
con uguale impegno, sia agli aspetti di efficacia che a quelli di
umanita' e attenzione, riportando cosi' una medicina oggi
inevitabilmente tecnologica al livello di arte medica". La sfera
della sessualita', ad esempio, rientra nei bisogni a volte
inespressi, nel 'non detto', che il medico deve cercare di
cogliere nel dialogo con il malato.
Molto sentite anche le problematiche della procreazione,
soprattutto nei pazienti piu' giovani, che indirizzano le cure
dell'oncologo "alla collaborazione anche con altre figure-
conclude Strada- ad esempio con gli psicologi, per cio' che
attiene alla sfera affettiva del malato. Senza dimenticare il
ruolo svolto dalle associazioni dei pazienti, che in Lombardia
sono particolarmente attive e piu' numerose che in altre Regioni".
(Wel/ Dire)