PRESIDENTE BABOLIN: PASSAGGIO A UNA SANITA' CHE FA CAPO A SSN.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 3 nov. - "Un carcere sempre
piu' malato produce episodi sempre piu' estremi e gravi: Stefano
Cucchi e Diana Blefari ne sono le ultime vittime." Cosi' Lucio
Babolin, presidente del Coordinamento nazionale comunita' di
accoglienza (Cnca) esprime il dolore della Federazione per le due
diverse vicende e chiede alle istituzioni una rapida inversione
di rotta per rendere piu' umane e trasparenti le condizioni di
vita negli istituti penitenziari.
"I gravissimi fatti di questi giorni- continua Babolin-
richiedono, prima di tutto, che si accertino responsabilita' e
omissioni. A tal proposito, il Cncs ritiene che occorra agire
rapidamente e senza avere riguardi per nessuno. Chi ha sbagliato,
paghi." "Ma e' chiaro che, in queste vicende- afferma il
presidente del Cnca- riemergono questioni piu' generali, che
rimangono del tutto irrisolte. In primo luogo, il passaggio -
tutto da realizzare - da un'assistenza sanitaria per i detenuti
curata dall'Amministrazione penitenziaria a una sanita' che fa
capo al Servizio sanitario nazionale. Oggi il sistema continua a
non saper far fronte alle situazioni patologiche, fisiche e
psichiche, che riguardano i carcerati, i quali stanno persino
peggio di prima".
Il problema principale, secondo Babolin, resta il
sovraffollamento inumano: "Da tempo il Cnca propone di risolvere
il problema - che e' causa anche dell'altissimo numero di suicidi
e di malattie di vario genere che colpiscono sia la popolazione
detenuta sia gli agenti della polizia penitenziaria - ricorrendo
alle misure alternative per chi ne ha diritto per legge. E cio'
e' possibile anche per le persone tossicodipendenti e per quelle
immigrate. Si possono usare, a tal scopo, sia le risorse che si
libererebbero togliendoli dal carcere, sia i fondi, di notevole
entita', contenuti nella Cassa ammende - a cui affluiscono le
somme versate per le pene pecuniarie - che dovrebbero per legge
essere impiegati anche per favorire il reinserimento dei
detenuti, ma che giacciono in gran parte inutilizzati".
(Wel/ Dire)