L'AQUILA, OSPITI NEL PARCHEGGIO DELL'AREA DI COLLEMAGGIO.
(DIRE - Notiziario Sanita') L'Aquila, 3 nov. - Camminano lenti,
fumano una sigaretta, arrivano fino alla Villa Comunale con il
loro passo irregolare, li' si siedono sulle panchine o ai
tavolini dello chalet e si guardano intorno curiosi. Il terremoto
che non ti aspetti e' anche quello di queste persone: gli utenti
del Dipartimento di salute mentale della Asl aquilana che dopo
aver passato 5 mesi in tenda sono ora ospiti in casette sistemate
nel parcheggio dell'area di Collemaggio, di fronte alle strutture
che prima ospitavano il manicomio e ora uffici e studi della Asl,
a pochi metri dalla basilica di Celestino V.
Alcuni di loro hanno pianto quando hanno lasciato il campo del
Globo di cui erano comunque diventati una parte importante. Altri
sono stati contenti perche' capivano che andar via avrebbe
significato non fare file per la doccia e per il cibo e non
morire piu' di caldo sotto le "case di tela".
"Io- racconta Daniela, una trentenne romana con disagio
psichico che da molti anni ormai vive all'Aquila, in una della
case famiglia distrutte- nella tendopoli stavo bene, c'era un
sacco di gente, la sera c'erano i volontari e i ragazzi che
suonavano o guardavamo un film tutti insieme. Adesso qui siamo
soli e la notte ho un po' paura. Veramente- ammette- ce l'avevo
anche prima quando qui nei palazzi di Collemaggio facevo le
pulizie con la cooperativa per cui lavoravo: temevo di restare
sola nel palazzo e di non riuscire a uscire, se c'erano le mie
colleghe pero' stavo tranquilla". Da fine agosto Daniela divide
una casetta con un'altra signora affetta da disturbi mentali, con
loro c'e' una badante. "Questo posto mi ricorda una sera, una
settimana prima del terremoto che ha distrutto tutto, in cui e'
arrivata una scossa forte: l'ho sentita mentre svuotavo i
cestini, allora la mia collega mi ha accompagnato qui sul
piazzale e mi ha detto di aspettarla. Avevo paura ma lei doveva
lavorare. In tenda stavo male perche' era scomodo, pero' non
avevo paura, qui invece siamo soli" conclude Daniela.
In effetti le quattro casette che ospitano queste persone sono
davvero in una zona isolata del complesso di Collemaggio,
piuttosto lontana dalla strada, dietro un cancello che anche se
perennemente aperto incute disagio e dietro un muro di cinta che
per meta' e' franato verso l'esterno; lo spettacolo di notte e'
inquietante, nonostante il potenziamento dell'illuminazione.
Gli infermieri del turno notturno non riposano mai e si fanno
sulla porta appena sentono che una macchina si sta avvicinando.
"Io la porta la chiudo sempre, qui se viene uno puo' prendere
quello che vuole perche' non e' proprio come una casa, la porta
e' leggera e non voglio che qualcuno rubi le cose che ho. Cosi'
una volta ho chiuso tutto lasciando fuori la mia compagna di casa
che ha dormito sul divano fino a quando non sono tornata"
racconta ancora Daniela che fa lunghe passeggiate con Fernando,
50 anni, originario di un paesino a mezz'ora dall'Aquila, ospite
del Centro di riabilitazione psichiatrica, 10 fratelli: "Non
parlavo con uno dei miei fratelli da 30 anni, dopo il terremoto
c'ho parlatoa' il terremoto certe volte fa pure bene". Fuma molto
Fernando: "Lo so che fa male, ma adesso che non abbiamo piu' le
nostre cose come prima, mi annoio. Esco, faccio le passeggiate,
ma poi devo rientrare perche' qui intorno a queste casette ci
sono i cani e io ho paura. Allora torno a casa, parlo con gli
altri che abitano con me e fumo un po'. Nella tendopoli era duro
per la fila per lavarsi e per mangiare, e faceva caldoa' ma poi
uno ci fa l'abitudine e pure se la tenda era brutta io mi ero
fatto tanti amici. Qua invece siamo sempre soli".
Non si lamentano, ma i loro occhi confermano quanto dicono
Daniela e Fernando le infermiere e le assistenti che trascorrono
le loro giornate e che non nascondono un po' di preoccupazione e
apprensione per i turni notturni in cui si trovano da sole con
gli utenti. "Di giorno di qui passano molte persone per via degli
uffici che hanno aperto nei container vicini, ma dalle 16 in poi
e' terribile. Non e' una situazione adatta a queste persone che
hanno sempre vissuto fra la gente, tenerle qui recluse non ha
senso, ma per il momento, con mezza citta' distrutta, non si
poteva fare altrimenti. Speriamo solo arrivi presto il momento di
andarsene".
(Wel/ Dire)