(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 10 dic. - La sordita' e' il difetto congenito piu' frequente alla nascita. Nel 50% dei casi di sordita' profonda, la causa e' genetica e riguarda due neonati su mille e uno su sette tra i prematuri. In Italia sono circa 100 mila i bambini audiolesi, ma solo per 6 su 10 e' possibile sapere subito se hanno problemi di udito. Non tutti gli ospedali italiani (a Roma si fa solo in tre ospedali: Umberto I, Gemelli e Santo Spirito), infatti, fanno lo screening uditivo precoce con l'Oae, la registrazione delle otoemissioni acustiche. Come funziona? Inserendo nell'orecchio del bimbo una piccola sonda che misura la reazione agli stimoli acustici; solo cosi' e' possibile capire a che punto e' l'udito. Se si registrano risposte agli stimoli l'udito e' normale, altrimenti c'e' una perdita uditiva dal 40% in su e servono altri esami e abilitazione. Nei primi tre anni di vita i deficit uditivi compromettono l'acquisizione del linguaggio, bloccano il percorso di crescita intellettiva del bambino e condiziona la costruzione del suo mondo interiore. Ecco perche' da piu' parti si richiede a gran voce di inserire al piu' presto i test nei livelli essenziali di assistenza (Lea). "Lo strumento per lo screening neonatale- spiega Giuseppe Spriano, presidente dell'Associazione otorinolaringologi ospedalieri italiani (Aooi)- e' specifico e costa poco a fronte del vantaggio dell'individuazione precoce dei difetti dell'udito, che consente il tempestivo inquadramento diagnostico e idonea programmazione di trattamento". Andando avanti nell'eta' del bambino, infatti, sara' sempre piu' difficile correggere il limitato sviluppo psicologico, emotivo e cognitivo. (Wel/ Dire)