Roma, 31 mar. - "Oltre alle misure di pre-triage, assieme alla Sanita' territoriale, dovremmo procedere con lo screening di coloro che ogni giorno accedono alla struttura penitenziaria". Lo dice in una nota Luciano Lucania, Presidente del SIMSPe.
L'emergenza coronavirus e le proteste di inizio marzo hanno portato alla luce uno dei tanti settori colpiti dalle restrizioni per prevenire i contagi. Il DPCM dell'8 marzo ha previsto infatti norme apposite per gli istituti penitenziari: i casi sintomatici dei nuovi ingressi devono essere posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti; i colloqui visivi si devono svolgere in modalita' telefonica o video; diventano limitati i permessi e la liberta' vigilata.
Queste misure, volte a favorire un contenimento della diffusione del virus, si sono scontrate con una realta' non semplice. Gli istituti penitenziari italiani soffrono di problemi cronici che periodicamente vengono affrontati ma non del tutto risolti. Ad oggi, come riporta il sito del Ministero della Giustizia, rispetto all'effettiva capienza delle carceri italiane, in grado di ospitare intorno ai 51mila detenuti, i reclusi effettivi sono oltre 60mila, di cui circa un terzo stranieri.
"Nel sistema carcere ravviso molta buona volonta', ma assoluta mancanza di un piano organico condiviso per affrontare l'emergenza coronavirus - sottolinea il Presidente della Societa' Italiana di Medicina e Sanita' Penitenziaria - SIMSPe, Luciano Lucania - gia' assolutamente gravissima nel contesto nazionale per i suoi riflessi sulla salute generale e sull'economia; nelle carceri potrebbe provocare una tragedia se vi fosse un impatto differente e di maggiore portata".
Proprio in questi giorni l'OMS - Ufficio per l'Europa ha pubblicato una specifica linea guida: "Preparedness, prevention and control of COVID-19 in prisons and other places of detention - 15 March 2020": tuttavia, le indicazioni non sembrano del tutto adeguate a questa fase dell'epidemia nel nostro territorio nazionale. La Protezione Civile ha provveduto all'installazione di tensostrutture come unita' di accoglienza, che pero' non hanno le caratteristiche per essere utilizzate come ambulatori. Per queste ragioni, gli specialisti da anni impegnati a tutelare la salute nei penitenziari lanciano l'allarme.
"Vi e' una perdurante mancanza di Dispositivi di Protezione Individuale - evidenzia il Presidente SIMSPe Lucania. - Abbiamo fatto numerose segnalazioni: siamo certi che le nostre richieste verranno accolte, ma il problema e' sovranazionale. Noi operatori della salute, medici e professionisti sanitari, abbiamo il mandato, che oggi diventa una missione, di tutelare la salute e la vita all'interno del sistema carcere, essendo operatori provenienti dalla sanita' pubblica, dalle Aziende Sanitarie del Sistema Sanitario Nazionale. È dall'inizio di questa epidemia che per le carceri si susseguono lettere circolari dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ed indicazioni piu' specificamente sanitarie provenienti dalle sanita' regionali e dal Ministero della Salute".
LE MISURE NECESSARIE PER LA SIMSPe NELL'ATTUALE SITUAZIONE NELLE CARCERI ITALIANE. Ad oggi tra i positivi al COVID-19, risulta un numero di 15 detenuti, mentre rimane non conosciuto, auspicando che non ve ne siano, tra gli operatori, fra cui poliziotti e operatori sanitari. La positivita' non equivale a malattia, non comporta necessariamente il ricovero e solo in alcuni casi provoca peggiori esiti. Tuttavia, la positivita' al virus implica la certezza di essere contagiosi e la necessita' di isolamento reale. Il carcere, in quanto mondo chiuso, potrebbe sembrare protetto dall'infezione, ma in realta' il virus puo' farvi ingresso in qualsiasi momento.
"Il carcere e' un servizio essenziale e le conseguenze dell'ingresso dell'infezione, anche in una singola sede, possono avere ripercussioni di estrema gravita', non solo per le persone, ma per l'intero sistema - afferma il Presidente SIMSPe Luciano Lucania - Credo che dovremmo invocare un forte comportamento proattivo e, oltre alle comuni misure di pretriage. Di concerto con la Sanita' territoriale, dovremmo procedere con lo screening dei soggetti che quotidianamente fanno accesso alla struttura penitenziaria e hanno contatti con i detenuti, anche indirettamente. Gli screening, nonostante la complessita' ed i presumibili costi, devono realizzarsi mediante tamponi naso-faringei da ripetersi in maniera regolare, anche a cadenza settimanale, nelle aree che registrano le maggiori prevalenze di infezione. In questa fase, nell'attesa che le curve epidemiologiche evidenzino sostanziali fasi di regressione, un simile approccio e' indispensabile. Inoltre, si devono sviluppare iniziative omogenee fra gli attori del sistema, il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e la sanita' dei territori". LE PATOLOGIE NELLE CARCERI ITALIANE - Non solo Coronavirus, perche' come emerso gia' nel Congresso SIMSPe di fine 2019, tra i detenuti continuano a prevalere patologie psichiatriche e infettive, la cui gestione e cura costituisce in larga parte l'attivita' di SIMSPe. La prevalenza di detenuti HIV positivi e' discesa dal 8,1% del 2003 al 1,9% attuale.
"Questi dati - spiega Sergio Babudieri, Direttore Scientifico SIMSPe - indicano chiaramente che, nonostante i comportamenti a rischio come lo scambio delle siringe ed i tatuaggi non siano diminuiti, la circolazione di HIV non avviene piu' perche' assente dal sangue dei positivi in terapia antivirale. Questi farmaci non sono in grado di eradicare l'infezione ma solo di bloccarla. Di fatto con l'aderenza alle terapie viene impedita l'infezione di nuovi pazienti". Risulta poi dai dati ufficiali del Ministero della Giustizia che un terzo della popolazione sia straniera, e, con il collasso di sistemi sanitari esteri, con il movimento delle persone, si riscontrano nelle carceri tassi di tubercolosi latente molto piu' alti rispetto alla popolazione generale. Se in Italia tra la popolazione generale si stima un tasso di tubercolosi latenti, cioe' di portatori non malati, pari al 1-2%, nelle strutture penitenziarie ne abbiamo rilevati il 25-30%, che aumentano ad oltre il 50% se consideriamo solo la popolazione straniera.
(Wel/ Dire)