Bartolucci (psicomotricista): Accogliamo famiglie nella loro complessita'
Roma, 25 set. - A volte i bambini stranieri possono apparire molto vivaci o estremamente riservati, e in una classe l'essere cosi' puo' rappresentare anche un problema. "Se il bambino proviene da un'altra cultura, soprattutto africana o asiatica, e' abituato fin da piccolo ad essere molto centrato, a non manifestare liberamente la rabbia, le emozioni, perche' e' strutturato in un certo modo. Abbiamo anche bambini agitati, che poi sono quelli maggiormente visibili e che, forse, creano i problemi nelle scuole e agli insegnanti. Cio' che e' importante nell'intervento psicomotorio e' proprio l'approccio al sistema familiare e al sistema culturale di riferimento di un bambino". Parte da qui Rita Bartolucci, psicomotricista ed esponente di Metis Africa, prendendo la parola alla Giornata di studi dell'Istituto di Ortofonologia che si e' svolta a Roma.
"Nella cultura africana, ad esempio, il bambino viene concepito in un altro modo. L'arrivo del bambino e' un invisibile, un antenato che ritorna- racconta la psicomotricista- per cui arriva pieno di saperi e i genitori sono all'ascolto di questo bambino che arriva". Il lavoro che fa Metis Africa e' di "accogliere la famiglia non attraverso un colloquio individuale, che rimanda ai luoghi di frontiera, alle torture, ma attraverso delle consultazioni sul modello dell'etnoclinica francese. Siamo da 7 a 10 persone, oltre la famiglia, che chiede la consultazione, e l'assistente sociale o l'insegnante. È una visione che permette al bambino di essere preso nella sua complessita', in un lavoro che abbraccia la psicomotricita', oppure la musica o ancora le fiabe".
I bambini che provengono da altri paesi possono celare una scissione tra la cultura di appartenenza e quella di arrivo. Una difficolta' di integrazione che "si puo' superare lavorando anche noi su questa scissione. Il bambino- spiega Bartolucci- vuole bene sia alla maestra che alla famiglia, quindi dobbiamo trovare un modo per legare entrambe le situazioni. Sicuramente e' un aiuto che favorisce tantissismo il bambino".
Rita Bartolucci e' una profonda conoscitrice della cultura africana, tanto da dirsi fortemente segnata nella sua esistenza dai viaggi in Mali iniziati nel 2002. "Sono andata ad imparare come lavorano gli interpreti dei sogni, i guaritori e le famiglie allargate. Ho cercato di apprendere come sono pensati e costruiti i bambini, come sono viste la malattia e la morte. Li' non c'e' una strumentazione clinica, se non quella piu' semplice. Dopo anni di tessiture di rapporti sono entrata a contatto con una cultura orale: quella dei Dogon".
Aveva da poco finito la formazione in psicomotricita' alla vigilia del suo primo viaggio. "I Dogon vivono alla fine del mondo, a 700 km dalla capitale del Mali intorno a una falesia di roccia rossa. È una regione arida, dove la sopravvivenza dipende dalle piogge che cadono da giugno a settembre. Le nostre misurazioni- ricorda la studiosa- hanno rilevato in quella zona un tasso di analfabetismo del 95% e di mortalita' del 3,5 per 10 nei primi 3 anni di vita, che raddoppia negli anni anni della carestia". Il loro analfabetismo, pero', "racconta che essi vivono immersi in una cultura orale che si tramanda in generazioni, ricca di racconti mitici paragonabili a quelli dei tempi di Esiodo ed Omero".
Dall'incontro con questa cultura e' nata a Verona l'associazione Metis Africa, che ha aperto uno spazio dove "rispettare i codici sociali di relazione propri di altre culture. Fanno parte psicoterapeuti, psicologi, psicomotricisti e insegnanti. Ognuno di noi ha un solido percorso di psicoterapia personale di 20 anni. Io sono psicomotricista e mi sono appassionata alla pedagogia africana, di cui abbiamo studiato vari testi che mi hanno messa in discussione. Se nel corpo si intrecciano la dimensione biologica, cultura, emotiva, biografica e narrativa, la conoscenza di come e' visto un bambino in altre culture, di come viene accolta la sua nascita, ci ha imposto dei cambiamenti nel nostro modo di lavorare e di riflettere- conclude- soprattutto su quali parole utilizzare quando lavoriamo con altre civilta'".
(Wel/ Dire)