Morire per un selfie, psicologo: Adulti trascurano ragazzi
Castelbianco: Loro mondo regolato da onnipotenza, incoscienza, vulnerabilita'
Roma, 18 set. - Morire a 15 anni per un selfie. È accaduto lo scorso fine settimana a Milano, quando un gruppo di ragazzini e' salito sul tetto di un centro commerciale di Sesto San Giovanni, per raggiungere la cupola del cinema multisala, e scattarsi delle foto. Un gioco purtroppo finito in tragedia, perche' uno di loro ha percorso un giro diverso ed e' precipitato per 25 metri non vedendo la condotta dell'areazione.
Non e' la prima volta che un adolescente perde la vita per un like. A fine luglio nel Ternano un 17enne e' stato travolto dallo scooter di un amico, si era sdraiato sull'asfalto per farsi un video. Un anno e mezzo fa la stessa sorte e' toccata a un tredicenne di Sovereto, in Calabria, travolto da un treno in corsa.
"Non e' colpa della famiglia- chiarisce subito Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell'eta' evolutiva in un'intervista al Tg3- ma chiediamoci tutti perche' e' accaduto. Gli adulti non conoscono i ragazzi, sanno molto poco di loro e li trascurano. Non sanno che il loro mondo e' regolato da onnipotenza, incoscienza e vulnerabilita'".
Perche' i ragazzi si fotografano mentre realizzano queste imprese? "Hanno bisogno di visibilita'. Lo fanno per essere visti e apprezzati- ricorda lo psicoterapeuta- ai ragazzi manca la possibilita' di stare insieme. C'e' una solitudine enorme, ormai sono venuti meno quei punti di raccolta che una volta erano i muretti, i bar, le parrocchie. Ognuno e' con il suo cellulare e continua ad essere solo".
Piu' che la voglia di essere apprezzati, secondo Castelbianco, "c'e' la voglia di essere esibizionisti, di essere indicati come coloro che sfidano il mondo, la vita e la morte. Mettere i ragazzi in questa condizione di emulazione tra di loro significa che noi adulti abbiamo davvero sbagliato tante cose, perche' ci imitano. Noi adulti comprendiamo il senso del limite e ci fermiamo quando avvertiamo il pericolo della morte- conclude- i ragazzi non lo capiscono e questa non puo' essere una loro colpa".
(Wel/ Dire)
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