Le 'donne cancellate', mostra dell'ex manicomio di Como
Volti, diari, cartelle cliniche raccontano le rinchiuse dal 1882 al 1948
Roma, 30 ott. - "Sviluppo mentale precoce: intelligente, cavillosa, litigiosa: poco amante dell'attivita' domestica, capricciosa, abile nel creare discordie tra le persone. Molto sensuale. Non dedita a tossici. Nessuna malattia fisica precedente. Sposatasi nel 1904, il marito constato' subito un temperamento anormale, irascibile, per un nonnulla scattava". E' quanto c'e' scritto nella cartella clinica di M.T., rinchiusa nell'ex manicomio San Martino di Como perche' non rispecchiava il prototipo di "donna esemplare", dedita alla famiglia, ai lavori di casa e sottomessa agli uomini. Sono passati 40 anni dalla legge Basaglia, che ha portato all'abolizione dei manicomi. E riesce difficile immaginare, per chi non e' un addetto ai lavori, in quali condizioni vivessero le donne e gli uomini rinchiusi. La mostra "Donne cancellate - Riportiamole a casa", curata dal fotografo Gin Angri e Mauro Fogliaresi, ci permette di conoscere quel mondo. Sono immagini che vogliono "ridare dignita' e memoria a soprusi, ingiustizie, scandalose dimenticanze". La mostra e' stata allestita a Palazzo Broletto a Como e rimane aperta al pubblico fino all'11 novembre. In particolare, e' dedicata alle donne, a quelle ricoverate tra il 1882 e il 1948, poiche' le donne furono maggiormente vittime di un'istituzione nata con la finalita' di custodire, separare e nascondere i soggetti piu' poveri, socialmente piu' deboli, senza cultura e senza prospettive, che erano giudicati pericolosi per se' ma soprattutto per la morale e l'ideologia della cultura dominante. "Le donne in particolare, se non accettavano i modelli imposti dalla cultura maschile, che le voleva sottomesse, ubbidienti, madri e mogli devote, escluse dalla cultura e dal patrimonio familiare, disposte ad accettare violenze dentro e fuori dalle famiglie, venivano ricoverate nei manicomi- spiegano i curatori della mostra- e li' restavano spesso fino alla morte, poiche' gli strumenti messi in atto per la cura e la guarigione erano scarsi e aleatori. Anche nei manicomi erano oggetto di vessazioni, controllo di ogni forma di autonomia, negazione di rapporti umani con l'esterno, spogliazione di identita', spesso vittime di costrizioni fisiche e violenze".
Gin Angri e Mauro Fogliaresi sono i fondatori dell'associazione "Oltre il Giardino", gestita da un gruppo di volontari e di utenti dei servizi di salute mentale di Como. In vent'anni di attivita' l'associazione ha realizzato, nel territorio comasco, progetti in collaborazione con il Dipartimento di salute mentale e con molte realta' culturali del territorio. Attivita' principale e' la redazione della rivista omonima, ma realizza anche attivita' di scrittura creativa, laboratori di arteterapia e fotografia, presentazione di libri, organizzazione di concerti con un proprio gruppo musicale "Oltre il giardino project" che ha creato musica e testi delle canzoni del suo repertorio. Accanto a queste attivita', "Oltre il giardino" si impegna per mantenere viva la memoria dei materiali dell'archivio dell'ex ospedale psichiatrico San Martino di Como. E la storia delle donne recluse si intreccia oggi con la storia travagliata dell'archivio storico che custodisce le 42mila cartelle cliniche dell'ex manicomio. Da Como, per salvarle dal degrado, sono state trasferite prima a Piacenza e poi in un deposito di Lodi. Ma "Oltre il giardino" chiede che l'Archivio torni nei padiglioni del San Martino. "Perche' e' su quella collina in quei luoghi che donne e uomini sono stati definiti nel corso di un secolo mentecatti, folli, alienati, pazzi, malati di mente- si legge nel catalogo della mostra-, ed e' li' che va conservata la memoria storica di cosa sia stata in passato la cura della malattia mentale. Aiutateci a riportarli a casa!". (Wel/ Dire)
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