Piacenza, dietro scontri in piazza desideri di visibilita'
Lo psicologo: Perso senso del limite, fare prevenzione dai nidi
Roma, 30 ott. - Una nuova moda dilaga tra i giovani di Piacenza ormai da tre settimane: fissano un appuntamento sui Social e poi si ritrovano in piazza per picchiarsi senza un vero motivo. Si danno convegno in centro storico il sabato pomeriggio per partecipare a match organizzati da profili anonimi, davanti a decine di coetanei che li guardano e li incitano. Ricorda il film 'Fight club', tratto dal libro di Chuck Palahniuk, ma questa volta si parla di una citta' emiliana e non dell'America profonda.
"Quella di Piacenza e' un'esibizione difficile da digerire e da comprendere in senso lato- spiega Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell'eta' evolutiva, intervistato su Rai Radio1- e' un problema che si sta diffondendo in tutto il mondo, e adesso anche in Italia. Prima accadeva con le baby gang e le gang- continua lo psicologo- ad esempio a Genova e a Milano c'erano le gang di peruviani, boliviani e sudamericani che si affrontavano. All'epoca avevano una connotazione etnica o d'interesse, ma in ogni caso cercavano una motivazione per potersi scontrare. Oggi, invece, la motivazione e' il Social- afferma lo psicoterapeuta- non si picchiano per un problema particolare ma per mettersi in mostra".
Filmarsi e postare i propri video sui Social di certo non e' una novita', ma "normalmente si tratta di un atto fatto in privato e poi condiviso. A Piacenza, invece, e' un atto realizzato in pubblica piazza- fa notare il terapeuta- e ci fa capire quanto questi adolescenti siano disinteressati al giudizio dei passanti e dell'Autorita'. Hanno superato quel minimo di limite che c'era- sottolinea Castelbianco- quando le stupidaggini si facevano di nascosto e le si raccontava solo agli amici. Adesso e' tutto in pubblico e dal vivo, poi condiviso tramite i social".
Chi assiste agli scontri come spettatore "desidera comunque far parte dell'evento. Il discorso mediatico ha amplificato la voglia di esagerare in tutti i modi per poter essere conosciuto o riconosciuto". Sono risse organizzate "per il gusto della violenza e della notorieta', e dietro questa richiesta di visibilita' e di sfogo all'aggressivita' c'e' un sentimento di rabbia malcurato che sfocia in comportamenti distruttivi", chiarisce Castelbianco.
Il sentimento di rabbia affonda le sue radici nell'attuale situazione sociale: "Spesso le famiglie non riescono a seguire i figli in modo adeguato, e non e' colpa loro. Anche le scuole hanno difficolta' a far fronte a richieste sempre piu' elevate". Un cortocircuito che si traduce "in meno accudimento fin da bambini e nei ragazzi crea un senso di difficolta' e di disagio- aggiunge lo psicoterapeuta- tramutandosi in aggressivita'.
Dobbiamo promuovere attivita' di prevenzione a partire dai nidi per aiutare i bambini prima e gli adolescenti poi, a maturare in modo sereno- conclude lo psicoterapeuta- con una consapevolezza del senso del limite che oggi sembrano aver perduto".
(Wel/ Dire)
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