Roma, 16 ott. - Emicrania, reflusso gastroesofageo, gastrite, nausea, vomito, ansia, vertigini o rigidita' muscolari? Quante volte si sentono persone lamentare 'una pressione alla testa come se qualcuno stesse schiacciando il capo dall'alto', riferire una fitta allo stomaco o il famoso nodo alla gola che a volte 'brucia e non si sposta' . "Non sempre si tratta di alterazioni funzionali, anche di danno d'organo in cui la patologia e' conclamata. Il corpo arriva tardi, ma quando irrompe lo fa pesantemente e non e' detto che si possa sempre tornare indietro". Alda Marini, psicologa analista junghiana del CIPA (Centro italiano di psicologia analitica) ed esponente dell'Aneb (Associazione Nazionale di Ecobiopsicologia), non esita: "Ogni essere umano rappresenta un'unita' psicosomatica. Dobbiamo prestare un'attenzione simbolica al messaggio implicito che il corpo trasmette all'uomo nella sua interezza e prendere coscienza di quel quid da cui ci sentiamo agiti, sia nell'ambito psicologico che in quello somatico, per sciogliere il sintomo e/o la patologia nella gamma dei significati che esso racchiude".
Corpo virtuale, immateriale, quasi immortale, mediatico, da mostrare, a dieta o malato. Contro una visione parcellizzata dell'uomo e della vita l'Aneb porta a Milano il 18 e 19 maggio 2019 il primo Congresso Nazionale di Ecobiopsicologia proprio sul tema de 'Il corpo come mandala dell'universo', cioe' un corpo che si pone come luogo di manifestazione delle medesime leggi che regolano il mondo. "Dentro e fuori si rispecchiano in una medesima modulazione, in una stessa proporzione fra le parti; la stessa natura delle cose accomuna corpo, mente, universo in una coralita' che meraviglia. Proprio di questo si occupa la ricerca dell'Aneb- precisa Marini- che si esprime nella pratica psicoterapica che accoglie si' la manifestazione psichica, ma si cimenta anche nella lettura e nel trattamento di ogni espressione della vita dell'uomo, dal sintomo somatico, all'evento sincronico, leggendolo nel suo valore simbolico. Questo da' rilievo alla nostra esistenza e dota di senso eventi e accadimenti che altrimenti rimarrebbero inascoltati".
Sempre di piu' nel nostro mondo globalizzato, dove l'individuo e' prevalentemente un consumatore, "assistiamo a una semplificazione delle nostre esperienze che finisce per negare la dimensione psichica, ma anche quella spirituale- sottolinea la psicoanalista- cosi' l'immaginario, che e' sempre una potenzialita' umana, rimane incastrato o si esprime in modo primitivo, come nel bambino molto piccolo, attraverso il corpo".
Nel trattare i pazienti psicosomatici Marini ci ricorda l'importanza di sviluppare l'immaginario laddove e' carente. Lo fa spronando la persona a parlare in prima battuta del sintomo, unico ambito interessante per il paziente che somatizza, cercando metafore adatte a descriverlo e poi conducendolo a raccontare il periodo in cui e' cominciata la manifestazione sintomatica. "In quei racconti si scoprono esperienze dolorose, conflittuali, perdite e lutti. Solo allora- spiega la psicoanalista- si puo' mettere in relazione quella situazione con il sintomo, aiutando il paziente a permettersi di sentire e cogliendo insieme quanto il corpo abbia creato una metafora dei suoi vissuti attraverso la malattia. Aldila' del lavoro sull'immaginario del paziente, c'e' il lavoro dello studioso ecobiopsicologico sul valore simbolico del sintomo e sullo specifico d'organo. Questo lavoro si muove all'interno di un'analogia funzionale, cioe' individuando un preciso collegamento fra la funzione dell'organo colpito, nell'economia dell'organismo e il suo valore simbolico. In questo modo i vissuti del paziente sono completati dal lavoro del terapeuta che cerchera' di cogliere il senso profondo di questa disfunzione".
Un paziente con reflusso gastroesofageo, ad esempio, "nel descrivere l'esordio del suo problema- riporta l'esponente dell'Aneb- fece emergere una tematica familiare che tutti si ballottavano, come una patata bollente che nessuno dei familiari riusciva a tenere in mano e che fini' per ricadere su di lui, giovane non ancora autonomo. Di fatto il suo sintomo veniva descritto proprio come una patata in gola che bruciava- aggiunge Marini- ma anche il reflusso, che consiste nel ritorno nell'esofago degli acidi che dovrebbero essere nello stomaco, primo organo interno dell'apparato digestivo, dichiara la fatica a chiudere porte, contenere, percepirsi come un sistema conchiuso e in esso attivare processi trasformativi. Tutto nel problema fisico dichiarava le medesime dinamiche in atto nella dimensione dello psichico. Lavorando su aspetti legati all'autonomia e alla crescita piano piano il problema fisico e' regredito". Invitare a far parlare il paziente delle circostanze dell'esordio della malattia "aiuta a coglierne gli elementi conflittuali che l'hanno originata- prosegue la psicoanalista- e a capire il modo in cui il sintomo la esprime". Nel suo lavoro Marini ha sempre trovato un forte correlato tra la situazione che il paziente vive e il sintomo di cui soffre: "Creo delle circonlocuzioni che avvicinano la persona all'aspetto simbolico contenuto nel sintomo pur rimanendo agganciati all'aspetto concreto, che e' l'unico che si concede. Cosi', piano piano, riaffiora il messaggio precipitato nel corpo e vengono liberate le energie imprigionate nel sintomo".
E' questo il quadro dei pazienti alexitimici (che non hanno parole per le emozioni), che hanno sperimentato l'impossibilita' di trovare uno spazio di riconoscimento del se' in eta' primaria ed e' piu' facile che si generi una patologia organica. E' la situazione nella quale "la ferita risale a un periodo in cui l'individuo non aveva la possibilita' di identificare e di esprimere i termini del disagio, quindi nulla ha nutrito il suo immaginario portandolo a manifestarsi, e il contenuto e' precipitato nel corpo, che unico in quella fase era in grado di sentire e esprimere. È rimasto per cosi' dire bloccato alla letteralita' del bisogno".
Con questi pazienti non si puo' lavorare direttamente sull'immaginario, far esprimere vissuti e analizzare i sogni.
Bisogna prima agganciarlo al punto dov'e', perche' il suo immaginario e' precipitato nel corpo. Il presidente dell'Aneb e ideatore del pensiero ecobiopsicologico, Diego Frigoli, ricorda che la patologia organica costituisce una sorta di sogno del corpo. Un sogno che va fatto esprimere e va letto registrandosi sulla capacita' che il paziente ha di contenerne i significati, man mano che matura la sua capacita' di lavorare sullo psichico. Il sintomo e/o la malattia hanno quindi la medesima valenza che il sogno ha per l'immaginario, rappresentano il modo in cui il corpo dichiara i suoi bisogni e crea una riflessione su di se', bilanciando cio' che accade dentro con cio' che avviene fuori.
Nella patologia del paziente sono, quindi, contenuti tutti i messaggi della sua disarmonia. "Piu' e' arcaico il danno, piu' e' estesa o complessa la patologia e piu' e' difficile recuperare l'area della consapevolezza. Il lavoro- conclude l'esperta- dovra' essere molto delicato e attento. Potra' essere accompagnato anche da un approccio globale che consideri la tematica della medicina olistica per attivare un processo di autopoiesi, una dimensione di auto-riorganizzazione che parlando al corpo lo modifica".
Il 17 maggio, sempre a Milano, l'Aneb proporra' anche tre laboratori a mediazione corporea.
Qui e' possibile reperire tutte le informazioni.
(Wel/ Dire)