Beebe Tarantelli racconta le quattro ondate del femminismo
Roma, 29 mag. - "Un divertimento pazzesco". Lo descrive cosi' il suo '68 Carole Beebe Tarantelli, psicoanalista clinicamente impegnata in gruppi per le donne vittime di abuso o liberate dalla prostituzione coatta, partecipando all'XI convegno nazionale dell'Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy (Icsat). "Pensavamo di poter cambiare il mondo. Non c'erano limiti dove non potevamo arrivare, sentivamo di rompere le forme e di crearne delle nuove".
Nel 1968 Tarantelli era negli Stati Uniti. "Sono arrivata in Italia nell'estate del '67 e ho trovato un mondo claustrofobico. Solo negli anni '70 si e' cominciato a respirare, c'era una maggiore pluralita'. In America abbiamo lottato per la pluralita' degli stili di vita e di relazioni. Abbiamo scoperto il mondo africano e orientale".
Il movimento femminista riparti' in quegli anni, ma nacque molto prima. "Il femminismo e' sempre stato abilitato dalla lotta precedente degli afroamericani- ricorda la psicoanalista- pensiamo alla 'Declaration of Sentiments' di Seneca Falls del 1848. La prima ondata e' stata quindi animata dalle donne che avevano partecipato ai movimenti per gli afroamericani. Dopo l'acquisizione del voto nel 1920 il movimento femminista scemo' per poi riemergere negli anni '60 come attacco ai ruoli. Era un'estensione del '68- continua- dove pensavamo di cambiare il rapporto gerarchico con i genitori e i professori e tra l'uomo e la donna. Volevamo cambiare le regole degli anni '50 e mettere in dubbio tutto".
Con il '68 "e' cambiato il modo di vedere il mondo. Si assiste ad una pluralita' di comportamenti accettati, lo dimostrano i matrimoni gay che adesso sono legali". La terza ondata del femminismo risale agli anni '80 e ha guardato alla violenza sessuale. "Oggi siamo alla quarta ondata- prosegue Beebe Tarantelli- per combattere contro lo squilibrio tra le posizioni di potere di alcuni uomini sulle donne, minacciate nel loro posto di lavoro. Il problema e' del potere sul lavoro, sulla carriera. Penso alle stelle che hanno denunciato Harvey Weinstein".
La psicoanalista ricorda: "Negli anni sessanta eravamo tutti imbevuti di un'ideologia che aveva degli aspetti assolutisti, che se seguiti fino in fondo portavano al terrorismo. Tutti abbiamo inneggiato alla rivoluzione- spiega- ma gli Stati Uniti si sono salvati perche' l'abbiamo vissuta soprattutto come una rivoluzione culturale: l'uscita dalla primazia del nostro mondo statunitense-europeo che dominava e domina ancora il pianeta. Di quegli anni manterrei viva l'apertura al mondo e la relativizzazione delle ideologie. Jung dice che tutto quello che gli uomini dovrebbero ma non possono essere o fare, vive come figura mitologica accanto alla coscienza e si proietta spontaneamente su oggetti incongrui: dottrine o pratiche salvifiche. In questo senso penso alla parte del '68 che e' sfociata nel terrorismo, dove gruppi violenti come le brigate rosse hanno proiettato sulla rivoluzione delle dottrine e pratiche salvifiche- sottolinea la studiosa- e non ha funzionato".
Il movimento femminista non e' mai diventato fondamentalista. "Siamo riuscite a non trasformare le idee in dottrine. Le regole le abbiamo trasgredite, attaccate, volute cambiare ma non abbiamo immaginato mai un mondo senza regole. Allora c'e' stata una rivoluzione sociale e culturale che oggi e' molto minacciata. Il nostro mondo forse crollera', ma non a causa degli errori del '68- conclude Tarantelli- ma perche' c'e' un'unione di forze politiche che hanno un altro progetto, guardano al domani e non al lungo periodo".
(Wel/ Dire)