Psicologi Emilia-Romagna su condizione precariato lavorativo-esistenziale
Roma, 8 mag. - Sui giovani delle ultime generazioni e' stato detto di tutto: sono stati definiti bamboccioni e indolenti, sono stati accusati di essere incapaci di giungere all'indipendenza, economica e di vita, cominciando dallo staccarsi dalla famiglia d'origine.
L'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna, pero', vuole evidenziare un aspetto spesso sottovalutato: "Non si e' tenuto conto della reale prospettiva esistenziale che queste ragazze e questi ragazzi si trovano ad affrontare. Gli effetti, soprattutto psicologici, che si determinano quando un individuo non intravede un futuro per se' e per la propria giovane famiglia".
Vengono a cavallo della rivoluzione digitale, sono la generazione dei nati tra l'80 e il 2000, quelli chiamati Millennial: la loro epoca doveva essere quella del consolidamento economico e del benessere diffuso, e invece e' stata quella della peggiore crisi dai tempi della Grande Depressione, il cui leitmotiv sembra essere la mancanza di certezze.
"Il mondo del lavoro attualmente offre poco, ma esige comunque molto in cambio. Quel che bisogna chiarire e' che una condizione di precariato lavorativo non rende instabile solo la situazione economica, ma mina anche lo stato psicologico delle persone.
Perche' non possono emanciparsi dalla famiglia di origine e costruire una propria realta', ma si ritrovano a vivere forzatamente in una sorta di 'adolescenza sospesa'. I giovani si trovano a volte in condizioni comparabili all'indigenza, con conseguenti frustrazione e perdita dell'identita' sociale; quasi sempre, quando hanno un lavoro, sono comunque sottopagati. Tutto cio' crea incertezza anche a livello delle proprie capacita' e competenze, abbassando la stima di se'", commenta Anna Ancona, presidente dell'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna.
"La difficolta' di realizzarsi nel lavoro puo' causare un senso di impotenza e disorientare, bloccare, determinando significative ricadute in ambito affettivo-relazionale. La persona puo' rimanere immobilizzata nel presente e in continua negoziazione con le emergenze quotidiane, incapace di proiettarsi in un futuro esistenziale soddisfacente. Dover cercare e cambiare spesso lavoro, inoltre, puo' significare anche trasferirsi in luoghi diversi e abituarsi a nuovi contesti, con la necessita' di ricostruire continuamente non solo le proprie abitudini, i punti di riferimento che per molte persone hanno un ruolo importante nel dare solidita', ma anche i propri legami", aggiunge Elisabetta Manfredini, vicepresidente dell'Ordine.
Una sensazione diffusa tra i giovani precari e' la costante preoccupazione per il domani, una preoccupazione che a lungo andare puo' avere anche conseguenze fisiche, associata a un quadro di sofferenza psicologica. Disagio e demotivazione procurati dalla precarieta' di lavoro possono comportare vissuti di inadeguatezza, depressione e stati d'ansia o panico accompagnati da una sintomatologia psicosomatica.
"Nonostante questo contesto di instabilita', molte persone possono comunque reagire all'incertezza cercando di gestire autonomamente la situazione di crisi, utilizzando al meglio le proprie competenze, conoscenze, abilita' relazionali, cercando anche appoggio quando necessario. La capacita' di far fronte in maniera positiva alla precarieta', di riorganizzarsi quando ci si trova in difficolta', riporta al concetto psicologico di resilienza. La resilienza e' una risorsa che permette di reagire alle sfide esistenziali, anche mantenendo un'apertura nei confronti delle possibili opportunita' che si incontrano, andando avanti nonostante le frustrazioni. È una risorsa che tutte le persone possono acquisire e incrementare- concludono- anche con interventi di sostegno psicologico mirati".
(rac/ Dire)