Roma, 26 giu. - Lavorare con problematiche come le dipendenze patologiche, o la malattia mentale, richiede molto impegno e un'attenzione sempre costante da parte dell'operatore. 'In questo tipo di fragilita' e di patologia, i processi di guarigione sono molto lunghi e le continue ricadute portano l'operatore a sviluppare una demotivazione che nel tempo puo' generare uno stato di burn-out. L'operatore scompare e nessuno si pone il problema di come, invece, sia possibile rigenerare la sua motivazione'. A parlare alla Dire e' Gaetana Cammara, assistente sociale nella UOC Dipendenze patologiche della Asp di Palermo, ideatrice e coordinatrice del progetto 'Art & Social Change', che in Italia ha come partner la comunita' terapeutica per tossicodipendenti 'Casa dei giovani' di Bagheria, e conta sulla collaborazione con il Dipartimento di Salute mentale della Asp di Palermo. Una partnership che ha permesso la partecipazione degli operatori socio sanitari dei Sert di Palermo e degli operatori della comunita' di Casa dei Giovani.
'Art & Social Change' (www.artandsocialchange.eu) e' un progetto portato avanti da sette organizzazioni europee, provenienti da 5 paesi europei, che per la prima volta sperimenta un programma di formazione attraverso l'arte contemporanea.
'Destinato agli operatori socio sanitari che lavorano nel settore della salute, in particolare a coloro che lavorano nell'ambito delle tossicodipendenze e della doppia diagnosi, coinvolge in totale 32 operatori e 16 pazienti, detti anche recoverists. 'Il termine, adottato in ambito anglosassone- prosegue Gaetana Cammara- contribuisce, anche linguisticamente, al superamento dello stigma e a riconoscere diversamente l'identita' delle persone in cura: le migliori premesse per impostare in maniera piu' soddisfacente la relazione terapeutica. L'idea progettuale e' partita dall'Italia, ma e' stata strategicamente consegnata all'Universita' di Vilnius in Lituania, i cui progetti innovativi sono stati piu' volte approvati e premiati dalla commissione Europea, diversamente di quanto non accada in Italia'.
Il programma formativo prevede quattro workshop con gli artisti, di tre giornate ciascuno, realizzati in luoghi differenti dai posti di lavoro. Sono preferibilmente spazi museali o all'aperto, che permettono di rompere con la visione routinaria del lavoro e con l'approccio esclusivamente terapeutico. 'Abbiamo organizzato esperienze immersive con artisti contemporanei che hanno personalita' differenti e che utilizzano linguaggi diversi. Non e' arte terapia- chiarisce Cammara- perche' quest'ultima necessita di un setting terapeutico, i nostri operatori al contrario vivono la pratica artistica come un'esperienza guidata dall'artista ma libera'.
È un progetto pilota: 'Non c'e' niente di gia' sperimentato in Italia e in tutta Europa. Ogni nazione partecipante ha costruito il proprio piano di formazione nazionale a partire dalle linee guida fornite dall'Italia, il cui 'core' deve essere elaborato dal PLG (Peer Learnig Group) di ogni nazione che mette insieme la voce di tre soggetti principali: i Recoverists (pazienti in fase riabilitativa avanzata), gli Operatori Socio Sanitari e gli Artisti. In Italia abbiamo scelto quattro artisti di elevato spessore per offrire ai nostri 16 operatori la possibilita' di sperimentarsi con linguaggi differenti'.
Il primo round ha visto due artisti coinvolti. Il primo e' stato Nico Bonomolo, che nei suoi video adotta il linguaggio dell'animazione, il cui ultimo cortometraggio, 'Confino', e' stato piu' volte premiato internazionalmente. 'Abbiamo realizzato il primo workshop a gennaio 2018 all'Ecomuseo Urbano Mare Memoria Viva, lavorando sul tema dell'ombra. Successivamente, a febbraio, abbiamo collaborato con l'artista Loredana Longo, che utilizza la performance, l'installazione e il fuoco come sua cifra stilistica- continua l'assistente sociale- per affrontare il tema del limite e del suo superamento. Il forte rigore della Longo ci ha trasportato in un mondo emozionale fatto di limiti e di parole che rappresentano i nostri superamenti'. Il lavoro si e' concluso con delle installazioni nella Galleria d'arte Moderna di Palermo.
Il secondo round formativo e' stato inaugurato dalla terza artista, Sandrine Nicoletta, italiana che vive in Inghilterra, che ha lavorato sul tema della possibilita', utilizzando il corpo e le parole per supportare i 16 operatori a diventare dei facilitatori di altrettanti 16 recoverists. I ruoli istituzionali sono stati annullati, per permettere alle persone di accostarsi alle emozioni insieme all'artista, esplorando sia lo spazio interno che esterno dei Cantieri Culturali alla Zisa e dello spazio ZAC, scelti come sede del workshop. Il terzo ed ultimo round si svolgera' ad ottobre, nel giardino IBERVILLEA dell'ex Ospedale Psichiatrico di Palermo e prevede l'incontro di 16 operatori con altri 16 operatori, sotto l'egida dell'artista Anne-Clemence de Grolee, di origine francese, che fara' lavorare il gruppo sul tema della trasformazione come ultima tappa del processo formativo, utilizzando diversi linguaggi artistici: dalla fotografia all'argilla, dai tessuti, alle sculture sino alle installazioni ecc..
La scelta degli artisti contemporanei e' stata affidata ad Elisa Fulco, curatrice di 'Art & Social Change' e storica dell'arte contemporanea specializzata nel rapporto tra arte e luoghi di cura. La selezione degli artisti e' stata dettata dal curriculum di ciascuno di loro, riconosciuto a livello nazionale e internazionale, e dalle loro qualita' umane ed empatiche, proprio per garantire il dialogo con gli operatori socio sanitari e la comprensione corretta del contesto. 'L'idea curatoriale alla base del progetto e' stata quella di costruire un viaggio per capitoli, una storia per temi che permettesse a tutti i partecipanti di entrare nel racconto e di immedesimarsi.
Contemporaneamente- prosegue Elisa Fulco- il progetto formativo ha l'obiettivo di sensibilizzare gli operatori socio sanitari al tema sempre piu' rilevante del Cultural welfare, aprendo nuovi spazi di collaborazione tra arte e salute, tra cultura e luoghi di cura. In particolare, il progetto mira a dimostrare che, uscendo da setting terapeutici e da luoghi ospedalieri, sia possibile facilitare l'acquisizione di nuove competenze e di nuove chiavi di accesso alle persone in cura, e che la scelta di luoghi culturali come sede dei workshop favorisca di fatto un cambio di mentalita' e una maggiore apertura da parte degli operatori socio sanitari. Il museo, in questa prospettiva- afferma Elisa Fulco- puo' diventare l'ambiente dove sperimentare nuove relazioni e nuove modalita' comunicative suggerite dai linguaggi dell'arte contemporanea, i cui canali non verbali permettono di dialogare in modo innovativo e paritario con le persone in cura. Prendersi cura dei curanti e' il messaggio lanciato dal progetto 'Art & Social Change', che nasce dalla consapevolezza che il rafforzamento del benessere degli operatori e' la base e la premessa di ogni possibile miglioramento della relazione terapeutica'.
Le adesioni dei partecipanti e le risposte positive al progetto dimostrano che l'arte contemporanea utilizzata in chiave formativa permetta agli operatori di esprimersi in maniera piu' libera, e che il non sentirsi giudicati li aiuta a creare relazioni piu' umane all'interno del gruppo. A conferma dei risultati dei primi due round, il gruppo di operatori ha maggiormente sviluppato il senso di appartenenza e, grazie allo spirito di team, sta iniziando a lavorare spontaneamente su progetti che prevedono nuove pratiche affiancate a quelle tradizionali. Ne e' un esempio l'intervento della pedagogista Maria Rosa Zito del SerT di Cefalu' (Pa) che durante un colloquio con una persona in cura ha proposto il linguaggio visivo appreso in occasione dell'esperienza con Nico Bonomolo.
In questi mesi e' accaduto 'l'incredibile' testimonia, infatti, Francesca Picone, responsabile del Sert nell'ASP di Palermo e partecipante al progetto. 'Siamo diventati un gruppo affettivo. In una primissima fase abbiamo sospeso il nostro ruolo, come se fossimo entrati in una dimensione di ricerca d'altro per noi stessi. Il confronto con l'ombra nel primo workshop- continua Picone- ci ha messo in gioco rispetto a una nuova prospettiva. Siamo entrati in contatto con una parte 'altra' di noi stessi. Un lavoro che ha guidato il gruppo in un percorso di ristrutturazione. Bonomolo ci ha fatto prima disegnare la nostra immagine ideale, poi ci ha fatto immedesimare nel disegno dell'altro. Una trasformazione mentale interessante, realizzata su carta ma avvenuta dentro di noi. In ultimo, l'infinita' dei disegni e' stata montata in un unico video in movimento- conclude Picone- che rappresenta quello che siamo, quello che vorremmo essere e, infine, la nostra trasformazione'.
Qui รจ possibile vedere il video realizzato dall'artista Bonomolo
(Wel/ Dire)