Nicoletti (mamma): Anche nell'autismo esiste un talento, bisogna trovarlo
Roma, 23 gen. - "L'arte e' il canale preferenziale di mio figlio nell'espressione della comunicazione del legame sociale. Per raggiungere quest'obiettivo sono partita dall'accettazione della sua disabilita'. Dobbiamo rendere i ragazzi disabili abili in qualcosa, perche' in ogni disabilita' esiste un particolare talento che puo' essere potenziato. L'importante e' trovarlo". È lapidaria Monica Nicoletti, che al convegno 'Autismo: un futuro nell'arte' non parla da medico, ma da mamma di un ragazzo autistico, Simone, con una predisposizione alla pittura.
"Venti anni fa ho avuto il mio incontro con la disabilita', con l'autismo, e non e' stato facile. Per superare questa situazione ho avuto bisogno di tanto tempo: 10 anno ho impiegato per accettarla. La diagnosi e' stata fatta a Torino in maniera brusca- racconta la donna- anche se tutte le diagnosi sono brusche, soprattutto quando non si e' pronti. Da mamma e da medico ho deciso di affrontare l'autismo e dopo 10 anni dalla diagnosi mi sono decisa a fare qualcosa".
Simone e' stato seguito dall'Istituto di Ortofonologia (IdO) fino all'eta' di 14 anni e li' ha avuto "riscontri importanti, che mi hanno consentito di mettere in atto delle soluzioni importanti all'interno della famiglia- prosegue Nicoletti- proprio perche' l'autismo e' una malattia della famiglia".
Nel 2006 l'IdO organizzo' un convegno su 'I significati dell'autismo' e "tra gli interventi c'era una relazione che riguardava mio figlio su una terapia domiciliare realizzata 3 anni prima. In quell'occasione ho visto un disegno dov'era raffigurata una spiaggia di Fregene con un lettino sul quale io prendevo il sole e sulla destra c'era una piscina con due ragazzi (Simone e il fratello Marco) che giocavano. Quest'immagine fu disegnata di lunedi' perche', probabilmente, eravamo andati al mare il giorno prima. Ecco che il disegno ha aiutato Simone a comunicare".
Finita la terapia all'interno dell'IdO, Nicoletti ha iscritto il figlio al liceo artistico: "Gli stessi professori mi hanno fatto notare che era portato per il disegno, cosi' ho deciso di fare qualcosa che potesse aiutare anche gli altri ragazzi che avevano lo stesso problema di Simone. Bisognava creare uno spazio che desse l'opportunita' a questi ragazzi di trovare il modo, attraverso l'arte, di comunicare. "Il laboratorio Ultrablu puo' essere un importante luogo per integrare le persone con autismo e quelle normodotate. Un luogo che vada oltre l'handicap e che rimuova le barriere che si alzano tra questi due mondi" .
Per Nicoletti "il problema non e' la persona autistica, ma le persone che stanno intorno al soggetto con autismo. Mio figlio urlava, poi quando ha capito che la sua identita' e' diversa da quella dell'altro, il suo bisogno e' diventato un desiderio- conclude- e da quel momento le urla sono diminuite fino a scomparire".
(Wel/ Dire)