Social network, le donne principali vittime dei discorsi d'odio
Oltre un miliardo di tweet sessisti, con Milano e Roma in testa a classifica
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 5 set. - "Le manifestazioni di odio nei confronti delle donne si esprimono nella forma del disprezzo, della degradazione e spersonalizzazione, per lo piu' con connotati sessuali". È quanto si legge nella relazione finale della Commissione su intolleranza, xenofobia, razzismo e fenomeni di odio istituita nel maggio 2016 presso la Camera dei deputati e intitolata alla memoria della parlamentare inglese Jo Cox.
Sul web, in particolare, le principali vittime dei discorsi di odio sono le donne: uno dei social network piu' attivi nel condividere l'odio verso le donne e' Twitter, con oltre 1 miliardo di tweet sessisti rilevati su un campione di 2 miliardi complessivi (dati Mappe dell'intolleranza di Vox - Osservatorio italiano sui diritti). Tra le citta' piu' intolleranti ci sono Milano e Roma con 8.134 e 8.361 tweet contro le donne. Il tema sara' al centro del Convegno internazionale organizzato dal Centro studi Erickson che si terra' al Palacongressi di Rimini il 13 e 14 ottobre.
Altro tema che verra' trattato nella 2 giorni riminese sara' quello dell'esibizionismo mediatico. "La diffusione dei social media sembra alimentare un bisogno di visibilita' sociale: postare o condividere immagini e contenuti, anche personali e intimi, cercare consensi attraverso i like e via dicendo. Questi comportamenti costituiscono esempi di un esibizionismo mediatico che spinge adulti e minori ad atteggiamenti disinvolti, disinibiti, spesso incuranti degli effetti reali delle condotte on line". Secondo i dati di un'indagine realizzata dall'Osservatorio nazionale adolescenza nel 2016 su un campione di 7 mila adolescenti italiani, il 4% ha dichiarato di aver inviato attraverso Instagram o Facebook foto e video di se stesso in atteggiamenti sessuali e il 10% (tra cui anche ragazzi non ancora adolescenti) ha scattato selfie intimi. "Questi comportamenti, in particolare quando riguardano minori, rientrano in quel piu' ampio fenomeno di sfruttamento e abuso sessuale ai loro danni che il legislatore, anche alla luce della normativa sovranazionale ed europea, ha definito come nuove forme di schiavitu'", dice Natalina Folla, ricercatrice e docente di diritto penale dell'Universita' di Trieste e relatrice al convegno di Rimini.
Grooming, sexting e revenge porn sono alcune delle "trappole" in cui si rischia di cadere on line. "Il grooming, ad esempio, si verifica quando gli adulti per mezzo delle tecnologie di comunicazione e informazione, propongono intenzionalmente ai minori, con condotte insidiose, ingannatorie e minacciose, volte a carpirne la fiducia, degli incontri con lo scopo di commettere atti sessuali o a carattere pornografico- spiega Folla- Il sexting, sempre piu' diffuso tra i minori e con risvolti giurisprudenziali contrastanti, consiste nell'invio di immagini connotate sessualmente tramite cellulare o Internet. La pubblicazione di foto o video intimi e pedopornografici sul web, in genere fatta dopo la fine di una relazione sentimentale o affettiva a scopo di vendetta, colpisce soprattutto le ragazze per mano dei loro ex partner". Tutte queste azioni, conclude la ricercatrice, "ledono gravemente la dignita' delle persone coinvolte e, quanto ai minori, ne compromettono lo sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale. Per tutelarli il legislatore ha previsto strumenti penali repressivi all'interno del codice penale, potenziati anche da riforme recenti, che rafforzano le strategie di protezione di natura preventiva ed educativa".
(Wel/ Dire)
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