(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 24 ott. - 'Il setting carcerario: quale dispositivo di psicoterapia possibile tra deficit di pensabilita' e meccanismi scissionali', e' il titolo del convegno promosso dall'Associazione di Studi Psicoanalitici (Asp) l'11 novembre a Milano in Via Pergolesi 27.
"L'argomento proposto riguarda la controversa questione sul tema del trattamento all'interno dell'Istituto di Pena, e sugli aspetti che sono di ostacolo alla costruzione e al mantenimento della relazione terapeutica. Cornice preliminare alla riflessione e' fornire un inquadramento dell'istituzione carceraria, luogo di scissioni non solo tra le aree deputate al 'trattamento'- chiariscono gli organizzatori- ma anche governate da mandati istituzionali differenti e, talvolta, difficilmente coniugabili, l'uno quello della 'cura', l'altro quello della 'custodia/sicurezza', scissioni facilmente ritrovabili anche nei piu' recenti dibattiti che coinvolgono la societa', e che riguardano il senso della pena ed il suo rapporto con il rispetto dei diritti fondamentali dell'essere umano (di cui la cura del corpo, nei casi estremi di insorgere di malattia, fa parte)".
La mattinata auspica di stimolare la riflessione intorno a quali dispositivi di cura puo' farsi promotore un pensare "psicoanaliticamente orientato", all'interno di equipe di lavoro multidisciplinari collocate nel piu' ampio contenitore dell'Amministrazione Penitenziaria. "Cio' non puo' prescindere anche dalla necessita' di riflettere intorno a quali strumenti sono necessari all'analista per poter mantenere un'identita' professionale, laddove le forze spersonificanti del contesto inducono il soggetto (sia esso operatore che paziente) alla regressione all'ambiguita' e all'indifferenziazione. Come difendersi dalle 'inquietudini perturbanti'- continuano- e trovare il modo di sottrarsi alle facili collusioni indotte dal contesto penitenziario e' cio' a cui intende rispondere tale proposta".
Tra gli interventi ricordiamo quello del filosofo Luca Alici, ci sara' inoltre la breve presentazione di esperienze cliniche in carceri differenti, l'una all'interno dalla Casa Circondariale di Bergamo (presentata dalla dottoressa Grazia Fortunato), l'altra nella Casa di Reclusione di Milano Bollate. "In particolare, le esperienze vogliono essere stimolo per una piu' ampia riflessione rispetto agli spazi intermedi della cura, interrogando il clinico sulla possibilita' (o impossibilita'?)- concludono- di costruire contenitori dove sia operante la funzione analitica volta a facilitare la costruzione di un piu' ampio campo terapeutico".
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(Wel/ Dire)