(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 21 mar. - 'L'ottica psicosomatica mi aveva abituata a dare sempre un valore simbolico al corpo in terapia, ma a quello del paziente. In periodi recenti ho cominciato a fare attenzione in seduta anche al mio corpo, il corpo del terapeuta. La postura che assumevo con alcuni pazienti, alcune contratture che in determinate giornate si sentivano piu' che in altre, ho cominciato a pensare che ci fosse una sincronica correlazione con la seduta in corso e non un elemento personale, che la disturbava. Erano delle rigidita' che avevano un valore non solo per me, ma anche per cio' che il paziente mi stava comunicando in quel momento, un evento non mio ma appartenente alla relazione col paziente'. Lo racconta alla Dire Alda Marini, psicologa analista junghiana del Cipa (Centro italiano di psicologia analitica) e responsabile Aneb (Associazione Nazionale di Ecobiopsicologia) dei contatti con le Istituzioni Scientifiche e la rete interdisciplinare.
Marini porta avanti da anni un approfondimento sul tema del corpo da un punto di vista simbolico, tanto che il primo aprile organizza con l'Aneb a Milano il seminario 'Il corpo del terapeuta, riflessioni sul controtransfert psicosomatico', in Via Carlo Vittadini 3, dalle 9 alle 18.40
(qui la locandina).
- Cosa significa per un terapeuta un calo di attenzione o un colpo di sonno durante una seduta? 'Anche questo e' un evento del corpo correlato a un vissuto. Quando ci si addormenta? Forse quando si e' stanchi o annoiati. Qualche volta mi e' capitato un calo di attenzione e una distrazione e ho pensato ad una mia difficolta', poi vedendo che accadeva solo con determinati pazienti e in momenti particolari del percorso con loro- avverte Marini- ho iniziato ad indagare e con il tempo ho capito che non ero io ad annoiarmi ma loro. In quel momento non erano sintonizzati, non mi stavano comunicando il loro stato emotivo autentico. È come se ci fosse un passaggio sul piano transferale-controtransferale di contenuti che riguardano il paziente- spiega la terapeuta-ma che bypassando la coscienza arrivavano direttamente al corpo del terapeuta, il mio corpo mi stava dando informazioni su di lui e non su di me'.
L'ipotesi e' che quando si manifesta una problematica organica nel terapeuta in seduta questa possa essere letta in chiave controtransferale se di tipo funzionale, cioe' un'alterazione del funzionamento, non una vera e propria patologia, che invece va letta personalmente. 'Dichiarandola al paziente nei modi adeguati, entra come elemento potente di consapevolezza'. Puo' farmi un esempio? 'Quando il paziente mostra grande freddezza nel raccontare esperienze dolorose, a me puo' arrivare il pianto come risposta somatica'. Un'emozione non solo sul piano psicologico ma anche fisico: 'Con le lacrime che sentivo affiorarmi, il mio corpo dichiarava al paziente che mi stava passando tutte quelle emozioni che non si permetteva di manifestare. L'emozione visibile e la comunicazione al paziente costituivano un riconoscimento molto potente. Questo gli consentiva successivamente di piangere e di dare vita a un evento interessante per me e per lui'.
- Il paziente avverte le reazioni del terapeuta? 'Il paziente raramente vede se stesso. Non si accorge di essere in punta di piedi, o seduto in modo molto rilassato oppure, al contrario, di avere le braccia conserte e di essere curvato in avanti. Anche il corpo del terapeuta negli aspetti posturali e' poco guardato, l'attenzione e' soprattutto sui propri contenuti. L'attenzione che pongo al paziente, anche nelle sue manifestazioni corporee, mette l'accento sul mio sguardo e questo a volte viene percepito e vissuto con piacere- prosegue la psicologa- e' l'esperienza di essere oggetto di attenzione e di essere interessante, cosa che per lo piu' non ha sperimentato. Se siamo invece in presenza di franche patologie persecutorie rassicuro il paziente: 'Sto lavorando e cerco di capire quello che mi sta comunicando ma, siccome non capisco, sto cercando di cogliere altri segnali'.
Quest'attenzione e' generalmente molto gratificante- rassicura Marini- si lega al tema del rispecchiamento, dell'essere guardati, e rappresenta una riparazione alle ferite piu' antiche di chi viene in terapia e ha vissuto questa esperienza poco o male'.
- Il corpo del terapeuta che si ammala dichiara un coinvolgimento in atto? 'Il mio e' un approccio totale al paziente- afferma la studiosa- la parte controtransferale somatica si manifesta soprattutto laddove trova blocchi sul piano della consapevolezza. Al momento si tratta di un lavoro di ricerca, pero' posso dire che il paziente e' tale in ogni momento della seduta e con ogni suo atto, e io cerco di riconoscere ad ogni sua manifestazione un valore simbolico. Se le sue 'fragilita'' prendono la via della mente e dell'elaborazione, poi arrivano anche sul piano della consapevolezza condivisa. Laddove pero' si manifesta una forte rimozione, un blocco, sara' probabile che avvenga una comunicazione fra 'inconsci'. E come esiste l'inconscio sul piano dell'ultravioletto- precisa Marini- cosi' esiste un inconscio nell'area infrarossa, una sorta di inconscio psicosomatico. Il terapeuta sente questi blocchi un secondo prima di realizzare quello che sta succedendo, magari li sente incastrati nel suo corpo tanto quanto lo sono in quello del paziente'.
- Il tema del 'corpo del terapeuta' e' poco trattato nel vostro lavoro? 'In passato si e' parlato di transfert e controtransfert, poi ci si e' spostati sui temi del rispecchiamento e dell'attaccamento. La quota controtransferale e' la parte piu' difficile da gestire per gli psicoterapeuti giovani- ricorda l'analista junghiana- perche' non 'possiedono' ancora completamente se stessi. Riuscire a leggersi in funzione del paziente puo' essere difficile- avverte l'esponente dell'Aneb-, il rischio e' confondere una difficolta' propria con una che riguarda il paziente. È un processo che va fatto maturare nello psicoterapeuta giovane- continua Marini- infatti la quota controtransferale viene presa in esame con l'esperienza, e' ci che fa dire al terapeuta esperto 'sento che c'e' qualcosa che non va''.
- Cosa sono il transfert e il controtransfert? 'Il transfert e' la proiezione di contenuti e relazioni, che appartengono alla storia personale di una persona, su altre relazioni. Avere un transfert nei confronti dell'analista significa proiettare sull'analista dei vissuti e dei contenuti che riguardano i rapporti con qualcun altro. Il controtransfert e', invece, la reazione del terapeuta a un qualcosa che arriva dal paziente.
Questa reazione ci dice qualcosa sul paziente e la nostra ipotesi e' che puo' avvenire anche a livello corporeo'. E il rispecchiamento? 'È la funzione dello specchio che rimanda un'immagine senza giudicare- chiosa la psicologa-. Il terapeuta mostra al paziente quello che quest'ultimo gli sta trasmettendo e di cui non e' ancora consapevole. Il rispecchiamento porta il paziente ad avvicinarsi a un'immagine di se', a farla propria contestandola oppure accettandola. È una condizione del processo d'individuazione'.
- Si puo' dire quindi che il controtransfert aiuti il rispecchiamento? 'Il controtransfert, sia su un piano emotivo che corporeo, mi dice sempre qualcosa del paziente- ripete Marini- e se trovo il 'modo' giusto posso restituirglielo aiutandolo moltissimo. Bisogna, pero', stare attenti a dare al paziente cio' che e' in grado di digerire in quel momento. Se e' vero che questa quota controtransferale psicosomatica ci da' molte informazioni, rimane importante la scelta dell'opportunita' della comunicazione e della modalita' con cui comunicarla. Se e' troppo dirgli 'sto soffrendo con te', allora bastera' che il paziente veda i miei occhi lucidi- rimarca Marini-, l'aspetto empatico rimane confinato nella parte che e' in grado di reggere'.
- Gli aspetti corporei sono trascurati? 'È un'area di attenzione rimasta un pochino in ombra e solo ultimamente stiamo iniziando a prendere in esame l'uomo nella sua parte corporea.
Una societa' che toglie valore alle dimensioni spirituali e rituali, finisce per far cadere nel corpo i conflitti prima elaborati sul piano psicologico e spirituale. Oggi il corpo e' sempre piu' presente, c'e' una forte quota di somatizzazione e la stessa Medicina, quando non riesce a fornire spiegazioni adeguate, riconosce la componente psicologica nella formazione del sintomo e parla di stress. Noi non vogliamo impacchettare con la parola stress tutti questi malesseri- conclude Marini- preferiamo entrare nel merito della tipologia della patologia che si manifesta, per cogliere lo specifico simbolico contenuto in quella sindrome e/o disfunzione'.
L'obiettivo del seminario del primo aprile sara' quello di far partire un gruppo di ricerca tra le persone che parteciperanno. Oltre Marini ci sara' anche un'altra relatrice di eccellenza: Kristina Schellinski, nota psicoanalista svizzera, portatrice di una prospettiva piu' junghiana.
(Wel/ Dire)