Italiani si sentono soli, Sip: Ecco i perche' dell'isolamento
13% dice non avere nessuno che lo ascolti e aiuti, il doppio di media Ue
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 11 lug. - Un'Italia divisa tra solitudine e isolamento sociale.
L'istantanea e' stata scattata dall'ultima ricerca dell'Eurostat, in cui si rileva che piu' di un italiano su dieci si sente isolato. Il 12% delle persone dai 16 anni in su, infatti, dichiarano di non aver nessuno a cui chiedere aiuto nel momento del bisogno; il 13% non trova nessuno con cui parlare dei propri problemi. Un dato doppio rispetto alla media europea che si attesta al 6%.
A distinguere le due condizioni e' Claudio Mencacci, presidente della Societa' Italiana di Psichiatria, interpellato dall'agenzia Dire: "Se l'isolamento e' legato al non poter chiedere aiuto al proprio vicino di casa, quando spostiamo l'attenzione sul sentimento di solitudine dobbiamo tenere conto che veniamo da un mondo di stretti nodi familiari- spiega lo studioso- Siamo passati da realta' molto circoscritte a realta' decisamente piu' allargate. Si sono quindi raccolte due visioni dell'Italia: da un lato, un Paese cambiato, che guarda di piu' al resto del mondo; dall'altro, un Paese ancora legato a modelli che non corrispondono piu' alle necessita' di mobilita' e alle reti oggi necessarie. A questo va aggiunto che l'allentamento delle reti sociali, la perdita del senso di solidarieta' e l'aumento dell'individualismo sono fenomeni piu' recenti nel nostro Paese rispetto ad altri Stati europei".
Non e' dunque il fattore economico a giocare di piu', secondo Mencacci, quanto la fase di 'transizione' che l'Italia sta attraversando: "Accanto a Paesi che con la crisi hanno sperimentato una sofferenza palpabile, come la Grecia, ci sono Paesi che hanno reagito in maniera molto positiva e propositiva, come la Spagna, meno rivendicativa e lamentosa dell'Italia- sottolinea Mencacci- Direi che quello economico non e' un fattore che influisce, il problema sta piuttosto nella differenza tra societa' piu' stabili e societa' maggiormente in transizione e in cammino".
E a dimostrare che il fattore economico non incide sul senso di isolamento e' anche il dato Eurostat sul Lussemburgo, che doppia con l'Italia la media Ue, mentre proprio la Spagna, che ha vissuto una crisi simile a quella italiana, si ferma al 2%. "Sta aumentando la percezione dello scollamento tra generazioni rispetto alla questione dell'emigrazione dei piu' giovani- sottolinea l'esperto- che porta a un cambiamento del ruolo della famiglia e dei rapporti sociali. Sta aumentando anche la percezione della solitudine legata all'idea che ci portavamo dietro di essere un Paese ipersolidale, quando invece siamo un popolo che festeggia solo quando vince la Nazionale". Un raddoppio che, secondo Mencacci, non e' legato all'aumento di patologie come ansia e depressione, "che vedono l'Europa a livelli similari e l'Italia a livelli piu' bassi. Come dicono altrove, siamo i brasiliani d'Europa- aggiunge lo psichiatra- un popolo che spesso enfatizza le proprie emozioni e passa da situazioni di grande emotivita' in su e in giu', con una tendenza a lamentarsi e a manifestare molto di piu' le problematiche rispetto alle soluzioni".
È la concezione di solitudine ad essere cambiata: "Sicuramente viene vissuta come un fatto angoscioso, negativo. Non viene riconosciuta come una condizione di scelta- ribadisce Mencacci- e probabilmente c'e' un legame con i cambiamenti dei modelli di consumo e degli atteggiamenti dell'individuo nei confronti della propria comunita'".
Comunita' che non e' piu' reale, ma sempre piu' spesso virtuale: "La community e' l'esempio tangibile di come le persone desiderino piu' vedersi nella virtualita' che nella realta'.
Preferiscono sentirsi lontani da condizioni emozionali molto piu' variabili di quelle che si sperimentano in comunita', dove le emotivita' trascinano verso condizioni di inibizione e di gratuita rabbia e aggressivita' verbale. Non sono comunita' di per se' solidali se non a parole- chiosa l'esperto- spesso giudicano o criticano, ma tolgono alla critica quella variazione empatica o emotiva che puo' essere colta nei suoi aspetti positivi. Nel virtuale si percepisce solo il senso crudo delle parole. Diventa sempre piu' vicino un futuro in cui sara' piu' facile avere relazioni con un'intelligenza artificiale".
Un modello di societa' che "vedevamo rappresentata nei film coreani o giapponesi, in cui la distanza tra generazioni era marcata e il senso di isolamento e solitudine combaciavano. Dico questo perche' la solitudine puo' essere una scelta, mentre l'isolamento e' condizione. Ma la comunita' virtuale- conclude il presidente della Sip- non risolve la necessita' di una solidarieta' reale fatta di presenza, ascolto, contatto, di tutte quelle cose che ci consolano e ci aiutano".
(Wel/ Dire)
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