(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 17 gen. - "In un setting di musicoterapia attiva - dove gli strumenti del processo clinico sono il suono, la musica e il movimento - l'alternanza 'presenza-assenza' e 'suono-silenzio' rappresentano per il bambino con autismo un obiettivo prioritario sul quale costruire nel tempo il dialogo sonoro vero e proprio. È la conquista di un ritmo semplice senza il quale, in un setting come il mio, non si dara' alcun'altra forma comunicativa". Inizia cosi' il suo intervento la musicoterapeuta Iolanda Benedetti, prendendo la parola al XVII convegno nazionale dell'Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO) sul tema 'Dal processo diagnostico al progetto terapeutico. Per un approccio mirato al singolo bambino'.
"Tutte le discipline che s'interessano dell'uomo devono sapersi confrontare con il tema della complessita'. La comunicazione e qualsiasi forma di linguaggio sono azioni assai complesse- continua Benedetti- ne deriva che l'autismo e' certamente la sindrome piu' complessa con la quale un terapeuta possa confrontarsi".
La musicoterapeuta centra la sua attenzione su quegli elementi piu' semplici e basilari, che sono alla base di qualsiasi costruzione ritmica o funzione linguistica e che hanno valore di presupposti: "I concetti 'presenza-assenza' aiutano, in uno sforzo simbolico, a definire sia il linguaggio musicale, in ordine all'esperienza suono-silenzio, che il linguaggio verbale, in ordine all'esperienza 'produzione-recezione' e 'contenitore-contenuto'. Non esiste alcuna forma di linguaggio- chiarisce Benedetti- che non sia generata dall'esigenza di superare i confini noti per introdursi in un altrove sconosciuto, e i concetti di cui parlo possono evocare simbolicamente l'esperienza se'-altro da Se'".
Occorrono numerose sedute "affinche' terapeuti e pazienti riusciranno ad incrociarsi e a riconoscersi all'interno di territori spesso caotici- continua Benedetti- sicuramente frammentati, a volte troppo fluidi, a volte troppo solidi. In termini musicali il musicoterapeuta tenta di individuare il tema del paziente, la sua musica, i suoi ritmi, quello che nella 'mia cornice teorica' di riferimento viene indicata come ISO (Identita' Sonora Musicale), per poi tentare di introdurre in quel tema la dimensione del vuoto nella volonta' di accompagnare il paziente in un'esperienza di attesa e di previsionalita'".
Nel libro 'Abitare l'assenza' gli autori scrivono: "Nella biografia del bambino autistico vi e' un momento in cui l'organismo non acquisisce o perde il suo ritmo, che diventa fluido e sempre piu' vischioso fino a divenire un blocco in cui il tempo e' coagulato. È un fenomeno di pietrificazione e interruzione del ritmo, basti pensare alle forme ecolaliche di segmentazione ritmica dello spazio o alle stereotipie che caratterizzano fenomenologicamente la maniera di essere autistici: l'esperienza vissuta in senso percettivo vibrotattile non e' organizzata ed e' chiaro che la capacita' di tollerare il vuoto e la pausa in un bambino autistico e' autoreferenziale". In questo contesto, "il terapeuta e lo strumento musicale sono vissuti come prolungamenti della propria sensorialita'.
L'obiettivo terapeutico e' quindi stare insieme nell'intenzione che da quella esperienza si possano creare semanti su cui costruire simboli: sentire insieme".
La melodia, la ritmicita' e la cinestesia aiutano a realizzare "una sintonizzazione degli affetti e sotto il profilo dello sviluppo linguistico ricreano tratti sovra pigmentali della comunicazione. In un setting musicoterapico anche le stereotipie possono assumere funzione di eventi acustici, che realizzano un incontro e permettono al paziente di sentirsi riconosciuto come individuo, seppur in base alle proprie bizzarre singolarita'. In termini clinici, invece, il terapeuta vive l'esperienza di trattare una persona e non un'etichetta diagnostica".
Benedetti conclude con le parole del noto psicoanalista Augusto Romano per descrivere la visione che il musicoterapeuta ha del bambino con autismo: "È la musica un organismo vivente, per quanto sfuggente e indecifrabile. Se sentiamo l'altro come musica, allora egli diventa per noi una realta', un valore affettivo e quindi un obbligo morale. Altrimenti resta un aggregato di segni e sintomi, tutti singolarmente interpretabili, ma come un esercizio accademico senza musica e senz'anima".
Qui e' possibile ascoltare l'intervento della musicoterapeuta dell'IdO e osservare alcune sedute di lavoro svolte con i bambini autistici.
(Wel/ Dire)