(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 10 gen. - Genitorialita' biologica, maternita' gestante, genitorialita' legale e sociale, genitore-donatore di sperma, genitore-donatrice di ovuli, genitori mamme, genitori papa' e maternita' surrogata. "Una pluralita' di modelli genitoriali che non hanno ricevuto un'adeguata collocazione psichica e che si collocano, tutti, in un vuoto di pensiero e di simbolizzazione in nome di un figlio 'a tutti i costi'". Cosi' Magda Di Renzo, psicoanalista junghiana ed esponente del Centro italiano di psicologia analitica (Cipa) di Roma, si e' interrogata sul valore dell'archetipo delle origini nell'attuale scenario collettivo, al X Convegno Nazionale I.C.S.A.T (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy'Archetipi) sul tema degli 'Archetipi'.
Segue un estratto del suo intervento, che sara' integralmente pubblicato negli atti del convegno: "Con la fantasia di fabbricare un figlio- prosegue la psicoterapeuta dell'eta' evolutiva- si puo' fare un bambino fuori sesso, fuori corpo, un bambino allucinato, impossibile. Eppure migliaia di minori rischiano ogni giorno di morire di fame, altre migliaia sopravvivono malamente all'abbandono di genitori irresponsabili e decine di migliaia tra profughi, emigrati e sopravvissuti alla guerra non riescono a usufruire dei cordoni umanitari e finiscono nella sconcertante, diabolica, orripilante e riprovevole tratta dei minori. E allora mi domando- continua la Di Renzo- un collettivo che esalta il diritto al bambino non ha lasciato nell'ombra il diritto del bambino ad avere un'infanzia? Cosa ne e' stato dell'archetipo delle origini? Dov'e' finito il senso di responsabilita' che dovrebbe guidare un individuo verso la difficile strada della genitorialita'? Un cambiamento cosi' radicale sulle origini della vita puo' davvero avvenire senza dolore, senza sbigottimento, senza timore di conseguenze imprevedibili? Questi bambini dove possono trovare la loro filiazione simbolica? E noi terapeuti, che tutti abbiamo a cuore il bambino reale o 'interno' che sia, dove possiamo trovare i significati per aiutare ciascuno di loro nella difficile ricerca di senso? Puo' davvero bastarci il politicamente corretto per affiancare l'individuo in questi nuovi percorsi, o i sintomi che ci vengono portati hanno bisogno di una decodifica piu' profonda, di un percorso in territori impervi dove il terrore del vuoto di pensiero, di emozioni e di immagini possa essere almeno riconosciuto e si possa umilmente battere qualche nuovo sentiero alla ricerca di traiettorie che ci permettano di non rinnegare totalmente le nostre origini? Possiamo davvero ribaltare la dimensione archetipica senza che si siano sedimentate tracce esperienziali? E, ancora di piu', possiamo limitarci a credere che la sola dimensione biologica potra' sedimentare nuove stratificazioni, ignorando le tracce di senso e significato che costituiscono, comunque, l'altra polarita' dell'archetipo?". Le parole della Di Renzo non vogliono porsi in un'ottica pregiudizievole, ma "vogliono utilizzare un linguaggio che tenta di scontrarsi, alla Calvino, con le circostanze. Non sono dirette quindi alla critica del singolo, piuttosto vogliono essere un appello a proteggere il nostro fare anima nel mondo".
L'archetipo, e la forza che lo caratterizza, "non si occupa del singolo ma pone istanze universali, richiede un plenum, necessita di memorie esperienziali, coniuga il biologico e lo psichico e non si lascia piegare da visioni astratte che hanno perso il sapore delle contraddizioni vitali. Nella dimensione di vacuum simbolico, che lo 'spirito del tempo' ha prodotto e incoraggiato, la dimensione narcisistica ha rarefatto, fino a dissolverle, le tracce sensoriali del passato, quelle strettamente connesse alla dimensione ancestrale del corpo, quelle che hanno sedimentato le esperienze diventando memoria strutturante".
La psicoterapeuta ricorda: "Siamo cresciuti all'insegna del 'mater semper certa est', ci siamo formati, come terapeuti, sotto l'egida della Grande Madre, buona, cattiva, terribile, sufficientemente buona, del Padre castrante, autoritario, amorevole, di Imago genitoriali come dimensioni archetipiche cui commisurare le immagini presenti nella realta' e nella psiche.
Grazie a tutto questo sappiamo affrontare gli abbandoni, i rifiuti e possiamo commisurare il plenum dell'archetipo con la poverta' esistenziale di certe vite; ma con il plenum esistenziale e il vacuum dell'archetipo come ci mettiamo?".
Silvia Veggetti Finzi, nota psicologa, "ha definito 'bambino della notte' la fantasia che popola la mente della bambina sul figlio che le nascera'- spiega la Di Renzo-, preparazione di un grembo psichico, fantasia narcisistica e onnipotente che non prevede coniugalita' e quindi senso dell'alterita'". Una fantasia che oggi non sembra piu' legata solo al mondo dell'infanzia: "Nell'attuale collettivo, che e' costellato dal narcisismo, il figlio sembra essere appunto il frutto di fantasie di auto-generazione che annullano l'alterita' e rendono superflua la diversita'".
È una realta' che puo' generare "dimensioni perturbanti", avverte la psicoterapeuta dell'eta' evolutiva: "Una coppia di ragazzi, entrambi nati da donazione di sperma, hanno iniziato a nutrire fantasie incestuose pensando che avrebbero potuto avere lo stesso padre. Qualche tempo fa sarebbe stato argomento di un film di fantascienza, ma oggi e' possibile e dobbiamo fare i conti con nuove costruzione fantastiche. Quando mi hanno raccontato questa preoccupazione la mia prima risposta e' stata letterale e ho pensato a quel famosissimo signore che ha fatto 500 donazioni e che quindi ha altrettanti ipotetici figli in giro per il mondo. Di fronte a una fantasia cosi' lontana dal mio immaginario era come se non riuscissi a trovare un senso e mi rifugiassi in una dimensione 'letterale'. Ne sono rimasta molto colpita!".
L'archetipo delle origini e' "iscritto nelle profondita' del nostro essere e se non si riesce a fare i conti con un destino che per qualunque motivo impedisce la procreazione, allora il vuoto simbolico viene riempito dallo 'spirito del tempo' con medicalizzazioni che si propongono di superare il limite posto dalla natura o con ideologie che inneggiano alla liberta' individuale- conclude Di Renzo- perdendo il legame con la dimensione emozionale, sensoriale e simbolica".
(Wel/ Dire)