Arriva la geografia del gusto per investire sull'educazione
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 28 feb. - La memoria del territorio da parte di chi mangia e' stata dimenticata. Abbiamo dimenticato anche le fondamenta stesse del cibo, come se questo nascesse e crescesse nel supermercato e non in un luogo specifico dove si consumano dei prodotti chimici e si rilasciano degli inquinanti". È questo l'approccio seguito da Armando Montanari, professore di Scienze del turismo nel Dipartimento di Studi europei, americani e interculturali dell'universita' 'La Sapienza' di Roma.
Questo discorso del territorio "manca nei genitori. Il bambino prima di nascere vive 9 mesi con la mamma, che trasferisce al figlio tutte le basi del sapere anche in riferimento al cibo: il gusto, la scelta degli alimenti e le abitudini. Un processo che prosegue quando il piccolo nasce e nei primi anni di vita, e che vede la mamma- precisa lo studioso- risentire molto del mercato, della pubblicita' e spesso delle cattive abitudini alimentari che abbiamo. Il bambino subentra in questa situazione e condiziona ulteriormente la madre". Come mai? "La mamma lavoratrice cerca di compensare la sua assenza acconsentendo a tutte le richieste del bambino: andare nelle catena fast food, comprare certi prodotti al supermercato perche' contengono premi o perche' li mangiano i compagni". E in tutto questo processo qual e' il ruolo del territorio? "Un ruolo scarso- risponde Montanari- poiche' lo abbiamo dimenticato".
- Come uscire da questa situazione? "Corriamo il rischio di cadere da un errore all'altro se c'e' carenza di informazioni- afferma- noi siamo fortunati qui nel Mediterraneo, la maggior parte delle cose che possiamo consumare le abbiamo a portata di mano. Come 'Sapienza' abbiamo cominciato a ricostruire l'iter di produzione: la geografia del gusto. E' un analisi che permette di verificare da dove vengono i cibi e di parlare con i produttori non inseriti in una produzione industriale".
Incontrare i cittadini e' possibile "anche se questa attenzione alla qualita' del cibo e' ancora un'abitudine per pochi. Il prodotto biologico costa di piu', in quanto le nostre specie autoctone (come il grano) sono meno redditive di quelle raffinate, pero' hanno un impatto minore sullo sviluppo della celiachia. In Italia abbiamo grani precedenti al 'Senatore Cappelli', che si trovano nelle campagne della Sicilia, del Lazio e della Campania".
Non c'e' bisogno di avere un laboratorio per capire la differenza: "Basta prendere un etto di pane bianco soffice, fatto con la farina il cui grano viene dal Nord America, e poi un panino di farina integrale nostrana. Mentre il pane bianco e' insipido, l'altro non ha bisogno di companatico. Il grano nostrano e' piu' caro di quello importato- ricorda Montanari- sebbene la solina o il percia sacchi (grano siciliano che cresce 1 metro e 80) siano grani dominanti che soffocano le erbe e i disinfestanti che crescono intorno (a differenza dei grani importati). La loro produzione e' molto piu' bassa: su 1.000 metri si produce il 20% in meno, ma un meno di alta qualita'".
L'unica soluzione e' l'educazione al gusto. "Il gusto si colloca nella stessa localizzazione del cervello dove si apprezza la musica. Oggi che possiamo studiare il cervello con la risonanza magnetica, abbiamo evidenza che quando si beve un buon vino, e si e' in grado di riconoscerlo, si attiva una parte del cervello che ci ricordera' che se beviamo acqua sporca la considereremo appunto come tale e la rifiuteremo".
Montanari va in giro per le scuole medie superiori romane e parla ai giovani di tutto questo. "Nelle classi ci sono parecchi ragazzi in sovrappeso- fa sapere il docente universitario- ma si diventa cicciottelli gia' nei 9 mesi di gestazione. I ragazzi sovrappeso vanno dai dietologi, riducono la quantita' dei cibi ma non modificano i condimenti. Abbiamo un problema educativo".
Recentemente La Sapienza ha attivato un progetto all'Istituto Enaudi a Roma che fa riferimento alla mobilita' dei giovani: "Ho vinto un progetto europeo ('Youth Mobility: maximizing opportunites for individuals, labor markets and regions in Europe - YMOBILITY) per studiare come si muovono all'interno dell'Unione europea i soggetti dai 17 ai 34 anni. Considero positivamente la possibilita' che i nostri ragazzi abbiano di andare all'estero, pero' devono sapere dove vanno, cosa andranno a fare e perche'. Un tema da porre e' quello dell'identita'- afferma Montanari-, ma se chiedo 'Qual e' la tua identita'?' non sempre i ragazzi sanno rispondere. Cosa diversa se invece chiedo: 'Ma tu cosa mangi?'".
Il professore insegna alla facolta' di Scienze del turismo: "Abbiamo sempre un 30% di studenti stranieri. A livello mondiale l'Italia e' un paese considerato di grande livello turistico e tanti stranieri vengono da noi a studiare a spese loro. Ho scritto un paper per spiegare chi sono, cosa vengono a fare e cosa si aspettano. Roma e' una citta' di grande attrazione internazionale ed e' ormai una realta' multietnica su cui c'e' poca consapevolezza. Sono giovani laureati, che torneranno al loro paese e noi dovremmo curarli con maggiore attenzione. La London School of Economics lo fa e non per attirarli, ma perche' sa che questi, una volta rientrati a casa- conclude- svilupperanno l'economia del loro paese".
(Wel/ Dire)