Intervista al professore Gemignani dell'Universita' di Pisa
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 14 feb. - Dormire non e' cosa per tutti. Nove milioni di italiani soffrono di insonnia con conseguenze drammatiche per la quotidianita', la propria salute e le persone vicine. Per approfondire l'argomento, la Fondazione BRF (Istituto per la Ricerca Scientifica in Psichiatria e Neuroscienze) ha intervistato Angelo Gemignani, professore del Dipartimento di Patologia Chirurgica Medica Molecolare e dell'Area Critica dell'Universita' di Pisa (Unipi), presidente dei corsi di Laurea triennale e magistrale in Psicologia Clinica e della Salute, e direttore del Master in Neuroscienze, Mindfulness e Pratiche Contemplative, UniPi, che ha preso parte, con la relazione 'L'oscillazione lenta del sonno: tra la fisiologia e la clinica' al seminario su 'Il Sonno: fisiologia, significato evoluzionistico, disturbi e patologie' che si e' svolto a Lucca.
- Quali sono i disturbi piu' comuni nel sonno? "Il disturbo del sonno piu' comune e' l'insonnia, che nel significato etimologico rimanda alla perdita totale del sonno mentre nell'accezione clinica e nel linguaggio comune indica 'l'esperienza individuale di un sonno inadeguato o insufficiente'. Si tratta probabilmente del disturbo piu' frequente, visto che da solo rappresenta circa il 90% di tutti i disturbi del sonno- spiega l'esperto- ed e' tra le condizioni morbose piu' comuni del mondo industrializzato. Almeno nella sua forma lieve e sporadica, infatti, interessa potenzialmente tutti, indipendentemente dal ceto, dalla classe economica, sociale o professionale. La sua diffusione rimane ubiquitaria anche se si restringe il campo al livello clinico, ove, la sua prevalenza stando agli studi epidemiologici disponibili, oscilla tra il 10 e il 48%".
- Perche' e' cosi' importante studiare l'insonnia? "L'importanza dell'insonnia nella medicina e' progressivamente aumentata da quando si e' dimostrato il suo significato di fattore di rischio per alcuni disturbi dell'Umore e d'Ansia e per alcune patologie internistiche, in particolare cardiovascolari e metaboliche. Indipendentemente dai criteri diagnostici e dai fattori geografici, economici o sociali che si osservano, l'insonnia e' piu' frequente nel sesso femminile, con un rapporto rispetto ai maschi almeno doppio. Prevale nell'eta' avanzata e in presenza di bassi livelli culturali e precarieta' occupazionali".
- Quali sono le patologie di cui soffrono prevalentemente le donne? "I maggiori picchi di insonnia riscontrabili nel sesso femminile coincidono con il periodo del menarca, della menopausa e durante la gravidanza. Le donne soffrono di disturbi del sonno in misura maggiore rispetto agli uomini. Al contrario, le donne hanno una percentuale minore di apnee notturne. Inoltre- aggiunge il medico- gli uomini russano piu' delle donne, anche se la percentuale aumenta dopo la menopausa e in gravidanza".
- Quali sono i rischi in cui incorre chi soffre di insonnia? "Chi soffre di insonnia durante il giorno di solito lamenta sonnolenza piu' o meno intensa ed una serie di disturbi disfunzionali sia somatici che psichici. Tra i problemi medici correlati all'insonnia quelli meglio conosciuti sono il diabete tipo 2, varie patologie cardiache acute e croniche, l'ipertensione arteriosa, la dislipidemia, e piu' in generale l'invecchiamento prematuro. Si sospetta anche che in presenza di un'insonnia cronica- afferma Gemignani- aumenti la probabilita' di morte per infarto miocardico o per patologia neoplasica". Le conseguenze sono importanti anche dal punto di vista psichiatrico. "Il versante psichiatrico non e' meno sensibile all'insonnia che, quando persiste per oltre un anno, ha effetti indubitabili di aumento della vulnerabilita' alla psicopatologia affettiva. Basti pensare che in circa il 57% delle insonnie croniche, entro un biennio, si ha l'insorgenza di un Disturbo dell'Umore o d'Ansia la cui incidenza, in questo caso, e' piu' che doppia rispetto a quella della popolazione generale".
- Chi soffre di insonnia cosa puo' fare? "In tutti i casi d'insonnia il primo approccio deve essere mirato a correggere abitudini disadattative e comportamenti condizionati che ostacolano il sonno. In questo ambito rientrano gli interventi cosiddetti di igiene del sonno e le tecniche psicoterapiche come la terapia cognitivo-comportamentale. Questo tipo di interventi e' elettivo nelle forme croniche, che spesso si associano proprio ad una inadeguata igiene del sonno ed ad un uso inappropriato di farmaci ipnotici e di sostanze alcoliche. I benefici, sebbene non immediati, sono paragonabili a quelli dei farmaci, rispetto ai quali si dimostrano piu' duraturi e sicuramente con minori effetti indesiderati. Nell'insonnia transitoria o a breve termine invece il ricorso ad un farmaco attivo sul sonno e' elettivo. I composti piu' largamente utilizzati appartengono alla famiglia delle benzodiazepine (BDZ) e dei composti non-benzodiazepinici (NBDZ) appartenenti alla classe delle imidazopiridine, dei ciclopirroloni e delle pirazolopirimidine. Un farmaco NBDZ o BDZ ad emivita breve e' in via di principio preferibile per l'insonnia prevalentemente iniziale (difficolta' ad addormentarsi), mentre un farmaco ad emivita prolungata si presta ad essere maggiormente impiegato nell'insonnia terminale (risveglio precoce mattutino). Il problema del trattamento farmacologico e' particolarmente complesso e per molti aspetti non ancora risolto nelle insonnie cosiddette croniche. Con qualsiasi farmaco adottato, BDZ o NBDZ, rapidamente si attivano i meccanismi della tolleranza che ne diminuiscono l'efficacia ed espongono al rischio di aumento delle dosi. È convinzione condivisa- precisa Gemignani- che la terapia farmacologia dell'insonnia non debba superare le poche settimane, oltre le quali e' necessaria una rivalutazione della diagnosi e un monitoraggio del farmaco, che eventualmente deve essere sostituito o associato a un intervento psicoterapico. Una precauzione preziosa, specie nei casi di insonnia primaria ad andamento cronico, e' la periodica discontinuazione del farmaco; la somministrazione cosiddetta intermittente, infatti, consente il sollievo, almeno temporaneo dall'insonnia- conclude- senza l'inevitabile perdita di efficacia e i rischi di dipendenza, che attengono ai trattamenti protratti".
(Wel/ Dire)