Non si arriva al 100%. Al Policlinico Messina si lavora con teatro-terapia e sport
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 12 dic. - "Nel 25% dei casi di autismo troviamo la causa certa o una causa probabile grazie alle attuali metodiche diagnostiche e genetiche. Mi riferisco in particolare agli Array-CGH (Array-Comparative Genomic Hybridization) a piu' alta definizione. Questo non significa che gli altri casi non abbiano una causa genetica, ma che per trovarla dovremmo andare a sequenziare base per base, nucleotide per nucleotide, almeno la parte codificante che e' l'exome sequences. Quando si segue questa procedura i lavori internazionali ci dicono che si passa al 45% dei casi che vengono spiegati". Lo dice Antonello Persico, professore ordinario di Neuropsichiatria Infantile e dell'Adolescenza dell'Universita' degli Studi di Messina (Unime), intervistato a margine del convegno internazionale ICAN sull'autismo a Napoli.
"Teoricamente si potrebbe passare poi al 'whole genome sequences', ovvero al sequenziamento dell'intero genoma, delle parti codificanti proteine e di quelle regolatrici e non codificanti. Tutto questo- continua Persico- rimarra' pero' sempre ricerca, perche' il genoma umano e' talmente lungo, ampio e complesso che inevitabilmente si restera' col dubbio se alcune di queste varianti abbiano effettivamente un significato patologico oppure no. Rimane il dato di fatto che non si arriva al 100% dei casi".
Una prima spiegazione, secondo il professore, "e' quella delle mutazioni somatiche. Facciamo i nostri approfondimenti genetici sul Dna estratto dal sangue- spiega lo studioso- ma ci sono soggetti in cui le mutazioni sono presenti solo a livello del cervello e non del sangue. Quindi, a meno di ottenere delle cellule che provengano dall'organo colpito, non si possono diagnosticare, oppure in qualche caso si possono diagnosticare andando a lavorare e a sequenziare le cellule prese dagli organi che sono provenienti dallo stesso foglietto embriologico". Un'ulteriore spiegazione "per un 3-4% delle famiglie- continua Persico- e' stata recentemente fornita in un congresso (promosso dalla Society for Neuroscienze): sono i casi di mosaicismo, in cui non tutte le cellule dell'organismo hanno l'alterazione genetica. Sono dei casi che a volte sfuggono, perche' il numero di cellule mutate non e' sufficiente ad essere identificato con le abituali metodiche. L'impressione e' che, comunque sia, non si arrivera' mai al 100%- ripete il professore- perche', come succede per l'ipertensione (un esempio tra tanti), ci possano essere dei bambini o dei soggetti autistici adulti nei quali la genetica funge da fattore di vulnerabilita' e su tale vulnerabilita' possono aver agito anche dei fattori ambientali. Oggi c'e' tutta una letteratura riguardo ai fattori ambientali- afferma il medico- e si sta iniziando a scoprire che esistono dei fattori ambientali, vuoi degli inquinanti a livello di prodotti di combustione degli idrocarburi, vuoi alcuni inquinanti delle falde acquifere, che possono contribuire a favorire le anomalie similari a quelle prodotte dai geni dell'autismo quando questi sono mutati. Se agiscono su un terreno geneticamente predisposto- spiega il professore dell'Unime- possono ulteriormente aggravare il cervello a livello funzionale".
Anche i fattori immunologici possono contribuire, "tra questi pero' vorrei che non si creasse il solito invariante malinteso dei vaccini", consiglia Persico. "L'influenza, la febbre e le infezioni possono causare convulsioni febbrile, ma nessuno direbbe mai che un'otite ha causato l'epilessia. Il punto e' che quando l'organismo va incontro a uno stato febbrile, a uno stato infettivo, necessita di maggiore energia, di un maggiore supporto metabolico. Tutti gli organi, sistemi e apparati sono sottoposti a uno stress funzionale maggiore. È piu' facile che in quel momento si abbia il crollo del compenso che magari fino a quel punto aveva retto e aveva consentito a delle reti neurali non perfettamente strutturate di portare avanti il loro lavoro. Lo dico per scongiurare malintesi presenti a livello nazionale e internazionale- spiega lo studioso- se i vaccini avessero causato l'autismo, sostituendo determinati vaccini e cambiando le politiche vaccinali avrebbe dovuto diminuire, purtroppo e tristemente invece e' in aumento".
Per quanto riguarda gli approcci terapeutici per il trattamento dell'autismo, "la ricerca sta andando sulla personalizzazione sempre maggiore delle terapie riabilitative- afferma il professore- quindi si cerca di trovare quali biomarcatori possano in qualche modo suggerirci una maggiore predisposizione del bambino, dell'adolescente o dell'adulto a rispondere a una forma di terapia piuttosto che a un'altra. Il farmaco miracoloso non potra' mai prescindere da una riabilitazione in associazione, perche' il cervello e' un organo fatto per l'adattamento, per la risposta all'ambiente. La farmacologia non va mai vista come un'antagonista della riabilitazione- sottolinea il professore- anche oggi che non abbiamo farmaci per l'autismo (che invece esistono per l'autoaggressivita', l'iperattivita', l'insonnia, ecc.)".
Sul fronte farmacologico "miriamo ad avere dei farmaci attivi sui sintomi nucleari di autismo, sui problemi sociali, del linguaggio espressivo, di comportamento stereotipato, ripetitivo, fissita' e cosi' via".
Persico dirige da un anno il programma interdipartimentale 'Autismo 0-90' nell'Azienda Ospedaliera Universitaria del Policlinico 'G. Martino' di Messina. "Miriamo a dare nei limiti del possibile delle risposte scientificamente valide, basate sull'evidenza, da 0 a 90 anni. Qualsiasi cosa faremo, dalla teatro terapia alla pet therapy o altro, ci sara' sempre un aspetto scientifico di analisi dei bambini prima della terapia- assicura il medico- la definizione di un progetto terapeutico e di uno studio per cercare di capire in che cosa vogliamo che il bambino migliori. Alla fine della terapia effettuiamo una misurazione per vedere se la terapia ha sortito l'effetto e soprattutto per capire qual e' la tipologia di paziente che risponde a quella determinata terapia".
Sempre in tema di trattamenti, "stiamo avviando un protocollo di studio relativo alla teatro terapia come modalita' di acquisizione di cognitivita' sociale- annuncia Persico- quindi come protocollo sperimentale di utilizzo delle pratiche teatrali per far si' che il ragazzo adolescente autistico acquisisca delle competenze sociali che prima non aveva. Stiamo iniziando anche un protocollo di terapia sportiva per identificare, utilizzando tre paradigmi diversi per l'adolescente (dai 12 anni in su) e l'adulto, il tipo di sport piu' idoneo. C'e' quello in cui e' prevista molta coordinazione occhio mano- aggiunge il medico- quello in cui c'e' un forte utilizzo della motricita' grossolana e, infine, un tipo di sport acquatico in cui si prescinde dalla forza di gravita'. Sono tre tipologie sportive che mirano a correlare il quadro clinico, la neurofisiologia e l'attivita' sportiva. Clinicamente ho visto alcuni pazienti avere dei miglioramenti sociali legati a determinati tipi di attivita' sportiva e non ad altri. La mia ipotesi e' che non sia dovuto alla socialita' dello spogliatoio, ma al fatto che le regioni celebrali che alcuni sport stimolano vengano utilizzate sia per l'attivita' sportiva che per la socialita'. Puo' essere terapeutico dare un'indicazione per queste tre grandi categorie sportive in base al tipo di paziente che si ha davanti. Facciamo tutto in convenzione con il sistema sanitario regionale della Sicilia- conclude Persico- e ricordo che quello che si fa nella clinica e che diventa ricerca serve per poter dare risposte".
(Wel/ Dire)