Parla il pedagogista sui problemi della crescita dei bambini
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 18 apr. - "A un certo punto una neuropsichiatra e' arrivata a dirmi che mio figlio aveva qualche segno di autismo. Ho scoperto poi che era una diagnosi senza senso, ma nel frattempo mi era cascato il mondo addosso". Marco Rizzi abita in un piccolo paese in provincia di Piacenza e per tre anni ha vissuto su un filo sospeso nel vuoto. Maestre e psichiatre sostenevano che il suo bambino avesse una disabilita' mentale, con gravi problemi di disturbi dell'attenzione. E piu' suo figlio andava agli incontri con educatori e psichiatri e peggio stava. Quando ormai anche il rapporto con sua moglie stava per naufragare, un amico gli ha suggerito di rivolgersi al Centro psicopedagogico per la pace e la risoluzione dei conflitti, diretto del pedagogista Daniele Novara. Sono bastati pochi incontri per cambiare strada: il bambino non aveva nessuna disabilita' mentale, il suo stato di agitazione aveva origine anche in un problema del sistema nervoso risolto in poche sedute da un osteopata. "Abbiamo inoltre corretto alcuni nostri atteggiamenti verso il bambino e gli abbiamo ridotto sia la Tv che l'uso di giochi elettronici".
La storia della famiglia Rizzi e' solo un caso? Oppure e' emblematica di una tendenza di questi anni a "medicalizzare" ogni aspetto della vita? In un decennio, secondo i dati del ministero dell'Istruzione, sono raddoppiate le certificazioni di disabilita' tra i minorenni, sono triplicate in quattro anni le diagnostiche di Dsa (disturbi specifici dell'apprendimento) e in tre anni i Bes (Bisogni educativi speciali). Per Daniele Novara si sta esagerando. "Allo stato attuale in una classe elementare italiana almeno un bambino su quattro presenta una qualche diagnosi certificata- spiega- con un corrispondente programma autonomo di lavoro se non un'insegnante di sostegno. Pare che nel mirino ci sia proprio la differenza infantile (e anche quella adolescenziale) in quanto tale, come se la specificita' evolutiva fosse diventata una malattia piuttosto che uno stato necessario della crescita umana. Se il bambino viene visto unicamente nel suo lato di immaturita' - che e' fisiologica e ontologica per natura - il rischio e' che ogni bambino diventi un paziente vero e proprio".
Questa inflazione di certificazioni di disturbi tra i minorenni, insomma, e' il segno che vengono lette come patologiche le loro fatiche, incertezze e debolezze nella fase della crescita. La causa di certi comportamenti dei figli va ricercata nei genitori. "Nel 2009 ho proposto il concetto di 'malattia dell'educazione'- aggiunge Daniele Novara- per denotare tutti quegli stati infantili e preadolescenziali di disagio e seria difficolta' che sono da riportare a deficit educativi dei genitori. Con malattie dell'educazione intendo allora tutte quelle forme patologiche evidenti nel comportamento infantile, sia di carattere fisico che mentale, le cui cause si collocano in ambito educativo. Mancanza di regole educative chiare, discrepanza sostanziale fra padre e madre nell'educazione dei figli, mancato sviluppo delle autonomie all'eta' prevista, sedentarieta' indotta, mantenimento di fusionalita' simbiotiche con la madre o con entrambi i genitori, sono fra le situazioni piu' diffuse e in aumento". La soluzione? Genitori e insegnanti tornino a fare fino in fondo il loro mestiere: siano educatori e non deleghino ai medici il compito di guidare i ragazzi verso la vita adulta.
(Wel/ Dire)