(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 6 set. - "I nostri primi passi li abbiamo mossi dopo il disastro del Vajont. Piu' recentemente, abbiamo lavorato in Abruzzo dopo il sisma del 2009. Poi c'e' stata l'Emilia. L'elenco delle catastrofi e' lungo: fino ad arrivare al terremoto dello scorso 24 agosto. Presumibilmente andremo ad Amatrice, siamo in attesa di una conferma". Silvana Mordeglia e' la presidente di Asproc, l'associazione assistenti sociali per la protezione civile (formalmente nata nel giugno del 2015): e' alle prese con la messa a punto della partenza degli assistenti sociali volontari che hanno dato la disponibilita' a raggiungere le zone colpite e con la gestione delle emergenze rilevate in queste ore. "Il nostro codice deontologico chiede di mettere a disposizione le nostre competenze specifiche in caso di catastrofi. Noi arriviamo sui luoghi colpiti dopo le prime 72 ore. Perche', parliamoci chiaro, all'inizio la cosa piu' importante e' non fare danni: percio' lasciamo che il personale competente faccia il proprio lavoro, ovvero salvi vite".
Passata la prima emergenza, gli assistenti sociali si mettono a disposizione: il loro vantaggio - loro come dei medici di base - e' conoscere la popolazione da prima della catastrofe: "Sappiamo dove sono le situazioni piu' fragili, conosciamo gli anziani soli, i minori in affido. Il primo obiettivo e' fare in modo che non aumentino i disagi gia' presenti, cosa non sempre facile. Pensate a chi e' in misura alternativa al carcere, o a chi e' rimasto - magari nemmeno maggiorenne - completamente solo. Come si gestiscono questi casi? Ecco, noi facciamo questo". Al momento dell'arrivo degli assistenti sociali volontari, i lavori si intensificano: forniscono supporto ai cittadini (e ai colleghi), nel tentativo di ricucire, per quello che e' possibile, la vita nella comunita'. "Il grosso del nostro impegno arriva quando i riflettori si spengono, quando le tende dei volontari vengono smontate. Noi siamo li': ad aiutare le persone a guardare avanti".
Supporto, prospettiva, counseling sono le parole che Mordeglia usa: di fronte a un contesto crollato, a un ambiente rotto, a delle relazioni rotte, e' necessario ascoltare, capire: "Questo genere di professionalita' ha un ruolo chiave: perche', ricordiamoci, e' possibile riportare un equilibrio, ristabilire il funzionamento sociale delle persone. E per ogni persona servono strumenti adeguati, sta a noi saperli individuare.
Dobbiamo garantire la dignita', l'intimita', la riservatezza: le relazioni familiari".
Quest'attivita', naturalmente, e' portata avanti attraverso una rete, in collaborazione con i medici di base, appunto, gli psicologi e i neuropsichiatri ("con cui ci interfacciamo anche in quello che noi definiamo 'tempo di pace'"), gli insegnanti e gli educatori. Tra poco l'anno scolastico ripartira': "È importante che i bimbi vadano a scuola e frequentino le lezioni, per dar loro una parvenza di normalita'".
Nessuno degli abitanti dei centri colpiti vuole abbandonare il proprio paese. "È ovvio che non ci si voglia sradicare, e in effetti le persone non vanno allontanate da quello che rimane delle loro vite e del loro passato. È un'esigenza, la loro, che anche i nostri politici devono tenere conto. Perche' non sempre la soluzione piu' economica e' tale sul lungo periodo: le risorse vanno utilizzate con intelligenza- ammonisce Mordeglia-. Creare marginalita' per risparmiare ha costi umani e sociali altissimi. Arginare le difficolta' non fa che crearne altre".
(Wel/ Dire)