(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 11 ott. - Semplicemente "un'idea straordinaria: perche' sdrammatizza un problema e suscita la partecipazione attraverso l'empatia che viene da un sorriso": e cosi' lo spot di Checco Zalone sulla Sma ha decisamente "fatto centro". Lo afferma con sicurezza Paolo Iabichino, creativo ed esperto in campagne di comunicazione sociale e autore di studi e pubblicazione sul tema. Convinto che "solidarieta' e donazioni si possano sollecitare non solo attraverso le lacrime, ma anche attraverso la comicita'". E lo spot di Famiglie Sma ci e' decisamente riuscito. Prima di tutto, "perche' e' il primo spot in assoluto di Checco Zalone, che non ha mai prestato il proprio volto a spot commerciali, diversamente da tanti che diventato testimonial di campagne sociali dopo aver pubblicizzato un profumo o un caffe'".
Ma si puo' ridere di un problema serio come la malattia o disabilita'? Si puo' e, in un certo senso, si dovrebbe fare, anche pensando al target delle campagne. "Ai giovani, per esempio, non si puo' continuare a parlare dei problemi drammatizzandoli. Penso alle campagne per la guida sicura, che insistono nel mostrare corpi stesi e lamiere accartocciate. Credo siano inefficaci per i giovani, che si sentono infallibili, supereroi. Molto piu' efficaci sono le pubblicita' di alcuni alcolici e superalcolici, che affrontano a volte lo stesso tema, alleggerendolo. Ma ci sono tanti altri esempi positivi: penso all'Ice bucket challenge, che non ha mostrato la drammaticita' della malattia di cui parlava, ma e' diventata virale e ha avuto un successo straordinario. Ma penso anche alla piu' recente Amatriciana solidale, che non ha celebrato la liturgia pietistica e solidaristica, ma ha teatralizzato l'icona delle zone colpite.
Ci sono campagne che riescono a diventare virali proprio grazie al registro leggero che utilizzano".
Non c'e' pero' il rischio che non siano altrettanto efficaci? La donazione non e' favorita da una lacrima , piu' che da un sorriso? "No, non credo che sia cosi'. Non c'e' un registro che funzioni meglio o peggio, ma l'efficacia dipende dalla sensibilita' verso il tema, la credibilita' del personaggio e la capacita' creativa dell'autore. La donazione parte da un impulso; e l'impulso lavora sul sentimento, che ha a che fare con l'empatia. L'empatia si basa tanto sulla lacrima quanto sul sorriso. Come creativo- continua Iabichino- sarei contento di vedere in circolazione piu' messaggi sorridenti, perche' credo ce ne sia un gran bisogno".
L'ironia si presta a tutti i temi? Pensiamo alle campagne sull'Africa, che parlano di guerre, o di poverta'. Anche li' potremmo aspettarci messaggio piu' sorridenti? "No, questo non lo credo. Penso ci siano temi in cui questo tipo di registro non e' percorribile: sono quelli su cui c'e' poco da scherzare, come la guerra, la violenza su minori, l'emergenza profughi. Temi maledettamente seri, su cui comunque si puo' provare a non teatralizzare il dramma. Sono temi che possono essere sicuramente comunicati con piu' leggerezza, ma su cui ridere non e' proprio possibile. Sono sicuro che ora, dopo Checco Zalone, tanti proveranno a far ridere sul sociale. E rischieranno di farlo goffamente".
Come ha fatto il ministero della Salute, con la campagna per il Fertility Day? "Piu' che goffo, e' stato imbarazzante. La prima uscita ha cercato di utilizzare un registro leggero, forse perfino comico. Ma e' stato come quando ci spiegano le barzellette ridendo. Cio' che maggiormente preoccupa noi addetti lavori di fronte a una simile campagna istituzionale, pero', non e' tanto la campagna in se', che si puo' anche sbagliare- conclude- quanto piuttosto la totale incapacita' delle istituzioni di leggere il momento e mettersi in contatto con la comunita', per sentirne il polso".
Qui lo spot di Zalone sulla Sma.
(Wel/ Dire)