"Nove i femminicidi e 4 i tentati femminicidi nel 2016"
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 22 nov. - "Sono gia' 9 i femminicidi e 4 i tentati femminicidi in Emilia-Romagna nel 2016 (dato del 19 ottobre de La Casa delle donne). Solo da pochi anni esiste in italiano un termine per riferirsi all'omicidio di donne uccise in quanto donne. 'Femminicidio' e' una parola importante perche' permette di isolare un fenomeno specifico e comprenderne portata e gravita'. L'uccisione della donna in quanto donna rappresenta il risultato tragico e devastante di una serie di atteggiamenti psicologici, culturali e sociali: non e' quasi mai un fatto isolato, un gesto improvviso, un raptus. Molto piu' spesso e' la conclusione premeditata di una escalation di violenze psicologiche e fisiche, e va sempre condannato senza attenuanti". Lo afferma l'Ordine degli psicologi dell'Emilia Romagna.
Dal punto di vista sociale, "nonostante i numerosi e importanti cambiamenti avvenuti con il movimento di emancipazione femminile, una delle principali cause della violenza di genere deriva dal perdurare di un modello socio-culturale patriarcale che vuole la donna al servizio dell'uomo, quando non una proprieta' a tutti gli effetti. In un contesto di questo tipo- continua l'Ordine- l'espressione dell'autonomia di pensiero e di azione della donna puo' venire avvertita come minaccia alla virilita' e al diritto di potere dell'uomo.
Dal punto di vista psicologico, l'esperienza clinica e psicoterapeutica evidenzia come l'emancipazione ottenuta in vari ambiti della vita pubblica non abbia ancora portato alla completa indipendenza psicologica della donna nella sfera intima delle relazioni affettive. Non si rilevano differenze significative tra le donne che appartengono a diversi ruoli e ceti sociali, tutte possono soffrire psicologicamente e fisicamente fino a morire a causa di partner sbagliati. Una forte pressione psicologica e una grande dipendenza affettiva fanno si' che venga accettato cio' che invece e' intollerabile. Senza quasi rendersene conto, la donna vittima diviene 'prigioniera' di un rapporto scellerato, condizione che spesso non le permette di spezzarne il pericoloso meccanismo.
All'interno delle coppie esistono ancora difficolta' significative a sostituire il modello patriarcale con nuove prassi relazionali tra uomo e donna; spesso vengono riproposti schemi relazionali di potere che possono comportare ruoli rigidi, di vittima e carnefice, propri di una relazione perversa tra i partner. La perversione relazionale consiste nel trasformare la relazione affettiva in una relazione di potere e controllo, nel disconoscere i diritti dell'altro, nell'usarlo a proprio piacere".
Affrontare la sofferenza femminile e possibilmente prevenire il femminicidio in questi casi, prosegue l'ordine dell'Emilia ROmagna, "implica risolvere anche il problema della complicita', spesso inconsapevole, delle donne violate che, avendo una visione distorta dell'amore e della riconoscenza, tollerano dal compagno comportamenti inaccettabili e lesivi della dignita'.
L'uomo in una relazione perversa, infatti, puo' alternare comportamenti dolci e gentili, di completa disponibilita', con comportamenti aggressivi e violenti, con messaggi denigratori che hanno la finalita' di distruggere psicologicamente la propria partner. Di fronte a questo alternarsi di comportamenti, la vittima puo' sentirsi confusa e anestetizzata fino a giungere a deperimento mentale e fisico. Oppressa da questo meccanismo, la donna rischia di non riuscire a capire che cosa stia accadendo. Non trovando motivazioni agli episodi di aggressivita' e violenza, puo' manifestare paura, angoscia e timore di non essere mai abbastanza per lui, fino a sentirsi cosi' responsabile delle difficolta' del rapporto da perdere il piano della realta' a causa del proprio senso di colpa". La possibile complicita' tra vittima e carnefice e' "ovviamente legata soprattutto al sentimento di subalternita' che, avendo un'origine storico-culturale, viene interiorizzato con conseguenze significative a livello psicologico. Evidenziare questa problematica complessa non significa colpevolizzare la vittima per gli abusi che e' costretta a subire, ma renderla consapevole sia del fatto che la violenza e la sofferenza che ne deriva sono evitabili, sia che un uomo violento non cambia con l'amore di una donna, ma solo conquistando coscienza del proprio problema e, spesso, solo affrontandolo con un intervento psicoterapeutico. È importante che le donne imparino a riconoscere le situazioni rischiose. Anche piccoli segnali di violenza (minacce, insulti, urla improvvise, reazioni fisicamente violente), si devono tenere in considerazione e interpretare come messaggi preziosi per valutare la qualita' della relazione.
Bisogna comprendere il rischio reale di un simile rapporto, anche con il necessario supporto specialistico, in modo da poter effettuare una scelta di propria salvaguardia. È fondamentale- ribadisce l'Ordine degli psicologi dell'Emilia Romagna- riuscire ad accettare di non essere quella che lui vorrebbe, ma imparare invece a essere se stesse, a rinunciare alla speranza di aiutare l'altro a cambiare, vedendolo invece com'e' veramente, a non esitare a denunciare i maltrattamenti e ad avvalersi dell'assistenza di un legale. Si rende poi indispensabile l'accompagnamento terapeutico per tutto il difficile e doloroso percorso di chiusura e liberazione da un rapporto perverso e violento. In questo senso possono essere di grande aiuto anche i centri antiviolenza che offrono accoglienza alle donne in difficolta', fornendo vari servizi tra cui assistenza legale e psicologica".
La prevenzione puo' avvenire con interventi specifici che si pongono l'obiettivo di "favorire la cultura della non violenza, del rispetto della persona, uomo o donna che sia, e della propria dignita'. La prevenzione primaria deve partire dalla famiglia dove si dovrebbero apprendere gli iniziali modelli relazionali di rispetto reciproco e di gestione dei conflitti, ma soprattutto dai contesti scolastici, dove avvengono le prime esperienze sociali con coetanei estranei al proprio nucleo di riferimento. A tal proposito risultano preziose le indicazioni normative contenute nella Legge n. 107/2015, anche nota come 'La Buona Scuola', rivolte a favorire l'educazione precoce alla parita' tra i sessi, il rispetto delle diversita' altrui, le pari opportunita', facilitando la costruzione di una nuova cultura capace di contrastare alla radice le discriminazioni e la violenza di genere, grazie al superamento di quei pericolosi stereotipi socio-culturali dai quali prende origine questa terribile forma di maltrattamento. Tale cambiamento potra' pero' essere possibile solamente se anche coloro che sono chiamati a educare le nuove generazioni vengono messi nelle condizioni di superare gli stereotipi nei quali sono vissuti, grazie a una formazione mirata ai formatori stessi. Anche la Legge n. 119/13 sul Femminicidio potrebbe essere maggiormente sfruttata in questa direzione- conclude- visto che prevede - tra le altre cose - lo stanziamento di fondi per azioni di prevenzione, educazione e formazione".
(Wel/ Dire)