(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 30 mar. - "Un bambino su 68 negli Stati Uniti ha l'autismo. Un disturbo che si estende ben aldila' del continente americano e che vede anche le Nazioni Unite avviare campagne di conoscenza sulla sindrome per sensibilizzare gli Stati Membri e migliorare le loro politiche di intervento". A dirlo e' Patrizia Bonaventura, professoressa di Patologia del Linguaggio alla Monmouth University (New Jersey) e rappresentante dell'Insitute of Global Understanding presso il Dipartimento di pubblica informazione (Dpi) dell'Onu.
A partire dal 2008 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato delle risoluzioni sul trattamento e sulle terapie dell'autismo, "la cui implementazione da parte dei singoli governi, e' stata garantita dall'approvazione degli Stati membri. L'Onu, in materia di sanita' pubblica, e' affiancato dall'Organizzazione mondiale della Sanita' (Oms), che "si occupa di rendere queste raccomandazione applicabili sul territorio di ogni realta' nazionale". Dal 2012 le azioni delle Nazioni Unite "si sono concentrate sulla promulgazione di norme atte a garantire alle persone autistiche condizioni di vita dignitose e il piu' simili possibili a quelle delle persone normodotate. La Carta delle Nazione Unite- aggiunge Bonaventura- garantisce il rispetto dei diritti e delle necessita' di vita di tutte le persone, anche quelle con disabilita'. Principio ribadito in occasione della 67esima Assemblea Generale, dove si svilupparono delle raccomandazioni sull'autismo volte a chiedere agli Stati membri approcci innovativi e integrati, per aiutare le persone autistiche a partecipare pienamente alla vita sociale ed educativa della comunita' e per riabilitare le loro capacita' verbali, di interazione sociale, e di comprensione del linguaggio, in vista di un'integrazione a livello emotivo e professionale. Tra il 2008 e il 2013 l'Onu e l'Oms- continua Bonaventura- sono passate da campagne di sensibilizzazione a richieste d'implementazione delle risorse effettive da parte dei singoli governi".
In Italia l'Istituto di Ortofonologia (IdO) "ha dato vita a un approccio integrato, il
progetto Tartaruga di tipo olistico, che si focalizza su tutti gli aspetti della vita di un bambino autistico, promuovendo anche un lavoro psicologico, psicomotorio, di musicoterapia, di terapia acquatica e di logopedia". Per questo motivo la Monmouth University ha invitato la scorsa estate l'IdO a un simposio dove e' stato possibile confrontare la prospettiva americana e quella italiana, all'avanguardia sull'autismo".
Nella definizione di disabilita' l'Oms "include anche la bassa qualita' della vita causata appunto dalle precarie condizioni di salute. La 'salute', quindi, e' considerate sia assenza di malattia che un livello alto di qualita' della vita- sottolinea l'esponente dell'Insitute of Global Understanding presso l'Onu- e ne consegue che le terapie devono essere orientate a far sentire meglio la persona con disabilita' sia da un punto di vista personale, che familiare e sociale. L'Oms, pertanto, non si limita a chiedere di creare terapie che soddisfino le necessita' della persona disabile, ma anche di tutelare il benessere dei caregiver che spesso si trovano a volte disoccupati e soli ad assistere l'individuo con autismo". Da qui, continua la professoressa, "la seconda raccomandazione dell'Onu fu indirizzata proprio agli stati, chiamati a garantire un supporto economico e psicologico ai disabili e alle loro famiglie, rendendo le terapie economicamente accessibili e fornendo informazioni sulla reperibilita' dei servizi. Inoltre, veniva chiesto agli Stati con minori risorse economiche, di provvedere alla formazione di personale specializzato, anche se non strettamente medico (insegnanti, operatori sociali, genitori), che possono amministrare delle terapie, in mancanza di medici e strutture sanitarie. Sono nati cosi' dei pacchetti di istruzione per i caregiver (dalla mamma alla maestra all'assistente sociale). Tali iniziative sono essenziali in molti paesi, dove scarseggiano le risorse per il supporto alle persone affette da disturbi della comunicazione e del linguaggio- conclude Bonaventura- e gli interventi di logopedia non sono diffusi per motivi culturali, perche' non considerati importanti".
(Wel/ Dire)