"Ma quelli giovani piu' bravi a comunicare con pazienti"
(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 15 mar. - "Se tutti i medici facessero un test di empatia, temo che solo il 20% lo supererebbe". Cosi' Eugenio Gaudio, Rettore dell'Universita' Sapienza di Roma, intervistato dall'Agenzia Dire in occasione dell'incontro sulla comunicazione tra medici e cittadini, organizzato dalla Commissione comunicazione dell'Omceo Roma.
"Per formare i nostri studenti di medicina ad una migliore comunicazione con il paziente- ha proseguito Gaudio- alla Sapienza sono stati inseriti fin dal primo anno tutta una serie di corsi incentrati sulle 'humanities', che vanno dalla psicologia alla bioetica fino alla deontologia, toccando temi come quello della capacita' di dialogare con il paziente e con i parenti".
Ha proseguito il Rettore della Sapienza: "Mi permetto di dire, pero', che i giovani medici sono migliori di quelli che si sono formati negli anni Settanta/Ottanta. E ne sono convinto per due motivi: poiche' il numero chiuso ha bisogno di una selezione meglio calibrata- ha spiegato- questo ha portato ad una maggiore qualita' media degli studenti; le riforme di studi che ci sono state, inoltre, hanno portato gli studenti di medicina ad affrontare direttamente la corsia, il malato e le malattie in maniera diversa, piu' incentrata sulla persona e non solo sulla capacita' tecnica di risolvere il problema di salute".
Ci vogliono piu' umanita' ed empatia, insomma? "Assolutamente si'- ha risposto all'Agenzia Dire Gaudio- Non bisogna solo curare, ma soprattutto prendersi cura del malato. Questo e' l'obiettivo: la strada fino ad ora e' stata tracciata bene, ma e' chiaro che, affinche' cambino le abitudini, ci vuole tempo per percorrerla".
Negli ultimi 25 anni, intanto, ci sono state "ripetute riforme di studi medici- ha aggiunto il Rettore della Sapienza- che hanno puntato a dare come obiettivo della formazione al medico non solo la parte tecnico-scientifica, ma anche quella di prendersi cura del paziente. Ed e' questo, oggi, lo scopo dei nostri corsi di medicina. Ci vuole infatti una visione olistica e non piu' smembrata nelle varie sub-discipline- ha concluso Gaudio- che poi fanno perdere l'unitarieta' della visione del malato".
(Wel/ Dire)