(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 15 mar. - 'Tutte le emozioni, aldila' del loro tono edonico (piacevolezza o spiacevolezza personale), sono funzionali e possono facilitare la prestazione sportiva di un atleta, ma devono essere presenti a livelli giusti'. È la piccola grande 'rivoluzione copernicana' rivelata da Francesca Vitali, presidente dell'Associazione Italiana di Psicologia dello Sport (AIPS) e direttore scientifico del Giornale Italiano di Psicologia dello Sport (GIPS).
'Abbiamo capito che nello sport non esistono in assoluto emozioni positive (gioia, divertimento, felicita', soddisfazione, benessere) o negative (rabbia, aggressivita', sfiducia, paura, insicurezza, ansia)- prosegue la psicologa- e' l'atleta, in base alla sua personalita', a dover imparare ad utilizzarle in modo funzionale'.
- Si possono misurare le emozioni? 'Si'- risponde- si possono seguire diversi approcci teorici come il modello delle Zone Individuali di Funzionamento Ottimale (IZOF) e relativi strumenti validati, come la Scala degli stati emozionali o la Scala di Borg, per misurare le emozioni'.
- Lo psicologo dello sport come insegna agli atleti a gestire le loro emozioni? 'Lavora sulla loro consapevolezza. Ad un certo livello sportivo, per esempio per i giovani atleti di alto livello, le gare diventano un evento comune e, nei confronti della competizione, l'atleta di solito sviluppa un range di emozioni abbastanza costanti. Renderlo consapevole- chiosa Vitali- vuol dire aiutarlo a comprendere se determinate emozioni piacevoli o spiacevoli sono funzionali oppure no per lui. È una vera e propria consulenza che si fa con gli atleti- spiega l'esperta- e, dopo la consapevolezza, segue il livello formativo: l'atleta dovrebbe apprendere le strategie personali piu' adatte a lui, per imparare a fare leva anche sugli stati spiacevoli e riuscire cosi' a migliorare le proprie prestazioni. Allenare queste abilita' costa tempo e fatica- avverte il presidente AIPS- e gli psicologi dello sport sono professionisti e non ciarlatani: noi lavoriamo sulle evidenze basate sulla ricerca, non sulle opinioni'.
- La gestione delle emozioni e' solo una delle abilita' di base degli atleti? 'Gli atleti per riuscire nello sport necessitano di un range di abilita' di base sia emozionali che cognitive, che sono comunque strettamente interconnesse. La capacita' cognitiva per antonomasia e' la gestione dell'attenzione e della concentrazione- spiega il presidente AIPS- necessaria, per esempio, per selezionare gli elementi chiave allo Start di una gara. Negli sport di velocita', come il nuoto o alcune specialita' dell'atletica (100 metri e 200 metri), l'atleta deve essere pronto al blocco di partenza e al via dovra' erogare la massima prestazione possibile facendo ricorso a tutte le capacita' che possiede. In quel momento- continua la psicologa- l'atleta dovra' essere attento e concentrato per distogliere l'attenzione da tutti i fattori esterni (pubblico, media, etc.) e interni (emozioni, stanchezza, dolore) per riuscire a concentrarsi solo su quello che e' essenziale per lui in quel momento: reagire allo Start e dare vita alla prestazione migliore. La concentrazione pero' e' collegata anche alla capacita' di gestire le emozioni'.
- La psicologia dello sport tiene insieme mente e corpo? 'Adopera certamente alcune tecniche corporee che possono avere una ricaduta psicologica. La psicologia dello sport non e' legata solo alle Scienze psicologiche- chiarisce Vitali- ma e' storicamente e strettamente legata alle Scienze motorie e sportive. Viene spesso definita come uno degli ambiti piu' promettenti delle Scienze motorie. In realta', gli aspetti psicologici e il movimento sono mescolati insieme. Uno psicologo dello sport puo' conoscere le tecniche corporee e utilizzarle per obiettivi psicologici- continua il presidente AIPS, citando un esempio- se voglio ridurre il mio stato di attivazione (o arousal) prima di una gara posso usare sia tecniche cognitive, insegnando all'atleta ad immaginare una situazione rilassante; oppure, posso sfruttare il corpo attraverso metodi come il rilassamento progressivo di Jacobson; o, ancora, come il training autogeno di Schultz. Il corpo nello sport non e' un problema ma una risorsa'.
- Lo psicologo dello sport differenzia il suo lavoro in base alle eta' degli sportivi? 'La consulenza con gli atleti di alto livello e' finalizzata al 'Psychological skill training', ovvero all'allenamento delle abilita' psicologiche. L'obiettivo primario con questi atleti e' migliorare la prestazione nel rispetto del benessere personale. Quando si lavora con i piu' giovani, lo sport puo' essere utilizzato con bambini e ragazzi come un potenziale contesto educativo- afferma il presidente AIPS- a patto che gli adulti sappiano utilizzarlo come tale: in questo caso, gli psicologi dello sport lavorano insieme ad altri esperti (allenatori, genitori, insegnanti di Educazione fisica) per insegnare loro a usare l'attivita' sportiva come un contesto potenzialmente educativo. Lo sport di per se' e' vuoto di valori, sono le persone che glieli danno. Il movimento olimpico per esempio ha dato allo sport vari significati: uno di questi e' l'equita' di genere, di origine etnica, di religione o di abilita' (se pensiamo alle persone con disabilita' che possono partecipare, nessuno escluso). Tutti sono uguali ai blocchi di partenza'.
- Come si lavora con i bambini? 'Divertimento, percezione di competenza e impegno: sono questi gli elementi che andrebbero sviluppati con i bambini. Loro non sono interessati a vincere o perdere- sottolinea la psicologa- vogliono il divertimento, che e' una cosa seria. Vogliono imparare a sentirsi capaci di giocare, per esempio a pallacanestro, nuotare, andare in bici, arrampicare, fare una partita a calcio o di rugby. Infine, lo sport insegna ad assumersi un impegno attraverso un allenamento e una pratica costante nel tempo. Impegno che poi i piu' piccoli possono imparare ad applicare anche allo studio e quando saranno piu' grandi al lavoro. Per questo motivo si parla di 'mentalita' sportiva'- conferma la psicologa- ovvero l'insieme delle modalita' di pensarsi, rispettare se stessi e gli altri utilizzando lo sport come contesto per apprendere abilita' e sfidare i propri limiti ma in modo sano e non esasperato'.
- Quali sono le criticita' con cui si confronta la psicologia dello sport? 'La psicologia dello sport e la psicologia dell'esercizio, che studia le motivazioni e gli effetti psicofisici dell'attivita' fisica, sono un settore ancora poco conosciuto- precisa Vitali- sebbene l'Italia abbia dato un grande impulso alla nascita del settore. È stato Ferruccio Antonelli, medico e neuropsicologo italiano, a fondare l'International Society of Sport Psychology- ricorda il presidente AIPS- negli anni '60 si interesso' di questo ambito e insieme al CONI contribui' a fondare uno fra i primi dipartimenti di psicologia applicata ai comportamenti sportivi. Oggi la disciplina e' ben consolidata a livello nazionale e internazionale, presente in tutte le universita' pubbliche legate alle Scienze motorie e, come corso opzionale, anche in molte Scuole (ex Facolta') di Scienze psicologiche. Si diventa psicologi dello sport dopo una laurea magistrale ed un master universitario di almeno un anno sulla psicologia dello sport e dell'esercizio'.
- Cos'e' la psicologia dell'esercizio? 'E' un filone relativamente piu' nuovo e si riferisce all'esercizio fisico, che rappresenta un'attivita' fisica strutturata che puo' avere effetti sulla salute psicofisica. È noto che l'esercizio fisico promuove la salute e puo' ridurre le principali cause di morte del mondo occidentale (malattie cardiovascolari, metaboliche e oncologiche)- prosegue Vitali- e che a livello psicologico migliora l'umore e riduce per esempio il rischio di essere soggetti alla depressione. Gli psicologi che si occupano di esercizio fisico- rimarca- si occupano primariamente di salute attraverso il movimento e studiano i fattori che motivano le persone a fare esercizio fisico, nonche' i benefici anche psicologici dell'attivita' fisica. Attualmente tanti progetti europei sono finalizzati alla promozione della salute e della quantita' di attivita' fisica che le persone dovrebbero svolgere per stare in salute'.
- Cosa propone la sua associazione? 'L'AIPS quest'anno compira' 42 anni- fa sapere Vitali- fu fondata da Antonelli nel '74 e, da allora, promuove ogni due anni un Congresso nazionale. Il prossimo si svolgera' dal 27 al 29 maggio a Bologna sul tema
'Professioni e professionalita' nella psicologia dello sport e dell'esercizio in Italia'. Ci saranno momenti di discussione e confronto sullo sviluppo e il riconoscimento degli psicologi dello sport nel nostro paese.
Avremo numerosi ospiti stranieri (ricercatori e professionisti) che parteciperanno alle diverse sessioni legate alla professione. Partecipera' anche il presidente dell'Ordine nazionale degli Psicologi, Fulvio Giardina'. L'AIPS conta 'diverse centinaia di soci, quasi tutti psicologi dello sport o psicoterapeuti che operano in ambito sportivo. Tra i sostenitori dell'AIPS, pero', ci sono anche allenatori, atleti e insegnanti di Educazione fisica. Inoltre, l'Associazione pubblica una rivista quadrimestrale, il GIPS, su cui vengono accolti studi, rassegne su argomenti vari o esperienze sul campo ed opinioni autorevoli. Organizziamo, infine, circa quattro seminari gratuiti per i soci sui temi principali della psicologia dello sport e dell'esercizio e siamo coinvolti in almeno cinque master universitari con le Universita' di Chieti, Roma, Torino, Venezia e Padova- conclude- per formare psicologi dello sport'.
(Wel/ Dire)