(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 8 mar. - "Se potessi sperare in una cosa e' nella solidarieta' tra donne.
Abbiamo il dovere di non rappresentare mai altre donne in modo ridicolo". E' l'appello che Assita Kanko, scrittrice e consigliere municipale del Belgio (Ixelles - Bruxelles), ha lanciato per la festa dell'8 marzo al seminario sulle rifugiate e richiedenti asilo al Parlamento europeo.
- Cosa dire invece sulle donne come vittime, cosa devono fare le donne migranti che arrivano in Europa? "Tutto il mondo e' fragile ed e' normale. La prima cosa che una donna deve fare quando, ad esempio, dall'Africa arriva in un nuovo paese e' uscire, andare verso gli altri, scoprire la lingua, il luogo e cercare lavoro. Bisogna fare molto networking- consiglia la consigliera- perche' oggi non conta solo il lavoro che si fa, ma soprattutto la rete di relazioni che si ha".
- Molte donne figlie di famiglie immigrate in Europa, anche se nate qui hanno sempre molte difficolta' ad integrarsi. Come possono superarle? "Non ho la soluzione- risponde la scrittrice originaria del Burkina Faso- credo sia importante donare loro uno specchio dove ritrovare la propria immagine. Oggi quando si guarda al top della politica, dei mezzi di comunicazione e delle imprese, noi stranieri immigrati non ci siamo- denuncia la consigliera- in questo specchio non c'e' la diversita'. Dunque, la societa' deve arricchire questa superficie di immagini affinche' tutti si possano rivedere. Bisogna infine poter donare la parola ai giovani e alle donne, ma loro devono sapersi imporre e farsi sentire".
- Lei si considera afroeuropea. Cosa significa, e' una nuova identita' dell'Europa? "Le persone come me fanno gia' parte della nuova immagine dell'Europa- continua kanko- che e' un mosaico di lingue e colori differenti con alla base gli stessi valori. Non mi sento diversa dagli altri- afferma Konko- sono una cittadina e mi sento appartenere al pianeta. Casa mia e' qui in Europa".
- Quando finisce l'identita' di un rifugiato e quando comincia quella di un cittadino europeo? "Dipende dalla prospettiva. Ci sono persone che si sentono straniere e non finiranno mai di avvertire questa sensazione; e altre, invece, che si adattano alle circostanze. La cosa piu' importante e' cio' che decidiamo di essere. Io ho deciso di essere europea. Quando preparavo le elezioni, mi dissero: 'Perche' ti presenti, tu non attirerai mai i voti degli stranieri, sei troppo ben integrata? Io risposi- conclude- cio' che conta sono le proposte e i programmi".
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