Comba: La piu' grande difficolta' e' accedere alla dimensione simbolica
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 31 mag. - 'Nel nascere di una tossicodipendenza avviene l'incontro tra una personalita' disturbata e la sostanza stessa. Tra le patologie connesse all'uso di stupefacenti, le piu' diffuse riguardano i disturbi dell'umore e i disturbi di personalita', tra cui quelli borderline e narcisistici'. Lo ricorda alla DIRE Anna Laura Comba, psicoterapeuta junghiana e autrice del libro 'Lo specchio che si infrange. Tossicodipendenza nelle trame di una fiaba' (Magi Edizioni).
'Volendo trovare un filone comune a queste psicopatologie nell'incontro con le sostanze, basandoci sulla teoria junghiana- continua la psicoterapeuta-, potremmo dire che esse risalgono all'incapacita' dei genitori di rispecchiare i bisogni emotivi del bambino nei primi anni di vita, tanto da causare nel figlio la formazione di un complesso dell'Io molto fragile, instabile e incapace di modulare le emozioni, gli affetti e di sopportare la tensione legata agli opposti della vita psichica. Spesso- afferma l'esperta- a questo stato si accompagna un complesso materno invadente, divorante e manipolativo - che non e' capace di restituire, al bambino prima e all'adolescente poi, un'immagine integrata di se' - e un complesso paterno, poco strutturato, incapace di dare coerenza e unita' al progetto di vita.
Generalmente l'incontro con la sostanza avviene in adolescenza, fase complessa dell'esistenza, in cui si vive il difficile distacco dal mondo infantile e protetto verso una ricerca di un'identita' adulta'.
L'uso e abuso della sostanza e' legato quindi a 'traumi precoci che provocano la scissione di una parte del se', tenuta isolata dal resto della personalita'. È la parte legata agli affetti, alle emozioni, ai sentimenti che la persona traumatizzata vive come un caos emozionale che non e' in grado di affrontare e reggere. La sostanza- prosegue la scrittrice- permette proprio di sopprimere questo caos emozionale, di non viverlo e allontanarlo. D'altra parte, l'uso delle varie sostanze tocca anche lati della psiche normalmente non utilizzati nella quotidianita', mettendo la persona in contatto con una dimensione che trascende la condizione umana di finitezza e sofferenza. Un contatto che rispecchia un bisogno universale, archetipico, e le sostanze offrono un facile accesso a tale dimensione rispetto a un percorso evolutivo e individuativo che dura tutta la vita'.
La medaglia pero' ha sempre due facce: se in una 'l'Io debole si fa trasportare facilmente dall'illusione offerta dalle sostanze di un mondo apparentemente magico, perfetto, dove tutto e' possibile; nell'altra c'e' la dipendenza, che lo pone di fronte a cio' che aveva tentato di fuggire, comportando gravi conseguenze sul piano personale, relazionale, sociale e fisico. In questo passaggio manca quello che Winnicott definisce lo spazio transizionale- chiosa l'autrice- un ponte tra la realta' interna e quella esterna, tra l'illusione e la realta', e quindi l'accesso alla dimensione simbolica che permette la reale trasformazione interiore. Nell'uso di sostanze la dimensione umana viene negata e rimossa per accedere in maniera immediata, non mediata, alla dimensione spirituale, provocando le gravi conseguenze che tutti conosciamo'.
- Cos'e' il disturbo borderline? 'Il termine borderline e' estremamente vario con definizioni non univoche- risponde Comba- addirittura negli anni '30 e '40, il disturbo borderline era come una sorta di 'cestino di rifiuti' in cui mettere i pazienti che non avevano una diagnosi chiara. Dal punto di vista psichiatrico rientra nei disturbi della sezione II del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 4) e della sezione III del DSM 5. Da un punto di vista psicoanalitico, Otto Kernberg e' stato il primo a descrivere negli anni '60 e '70 l'organizzazione borderline della personalita', che risulta caratterizzata da alcuni elementi: una forte debolezza dell'Io, soprattutto nella capacita' di moderare gli impulsi e gli affetti; difese primitive da un punto di vista evolutivo, tra cui la scissione; relazioni oggettuali problematiche; sentimenti di vuoto; tendenze depressive; dipendenza adesiva dalle persone; tendenza ad agire d'impulso; comportamenti rabbiosi, distruttivi e autodistruttivi, tra cui l'uso di sostanze. Da un punto vista junghiano, infine, non troviamo una vera e propria descrizione del disturbo borderline- precisa la psicologa- perche' Jung non era molto interessato a classificare le malattie mentali. Possiamo pero' descriverlo partendo dal meccanismo di difesa della scissione tra le immagini di se' e quelle degli oggetti, tenuti rigorosamente separati e distinti in buoni e cattivi per un'incapacita' o impossibilita' a tollerare la compresenza e ambivalenza di questi aspetti contraddittori'.
Per Jung la vita psichica e' 'caratterizzata da elementi opposti che vanno entrambi vissuti coscientemente, sopportando la tensione che deriva da tale opposizione e che puo' essere sciolta solo da una riconciliazione tra i due elementi a un livello diverso che li possa comprendere entrambi: la dimensione simbolica. Per simbolo, Jung intende la migliore rappresentazione possibile di un dato di fatto relativamente sconosciuto. Il simbolo- puntualizza Comba- e' una sorta di paradosso, qualcosa che non e' possibile comprendere razionalmente, eppure permette un nuovo fluire dell'energia psichica, che rafforza l'Io e ne amplia le possibilita' di autonomia e di scelta. Tale processo- ricorda la studiosa- e' gravemente compromesso nel soggetto borderline, in quanto egli non riesce a superare il conflitto tra elementi opposti. Questi rimangono estranei l'uno all'altro causando, dice Jung, un 'morto ristagno' dell'energia psichica e l'impossibilita' di accedere alla dimensione simbolica'.
- Come affrontare allora le tossicodipendenze? 'I luoghi privilegiati di cura delle dipendenze sono le comunita' terapeutiche- replica la psicoterapeuta-, che lavorano molto sugli aspetti di controllo, contenimento, regole e confronto con il gruppo dei pari. Aspetti importantissimi viste le gravi carenze a livello dell'Io dei soggetti tossicodipendenti, ma che non sempre permettono una reale trasformazione interiore'.
Comba ha lavorato in una comunita' per donne tossicodipendenti nella Casa Circondariale 'Lorusso e Cutugno' di Torino, 'dove gli aspetti di contenimento erano ancora maggiori- fa sapere la psicoterapeuta-. Utilizzando le fiabe, posso dire che per quanto l'accesso alla dimensione simbolica fosse gravemente compromesso, dei pezzetti di lavoro possono essere fatti. Bisognerebbe sempre puntare a privilegiare un lavoro tanto sull'Io quanto sul Se', inteso in senso junghiano come polo interiore della personalita' e guida di una trasformazione interiore. L'aspetto forse paradossale- spiega la psicologa- e' cercare di mantenere l'obiettivo senza farsi scoraggiare dal fatto che difficilmente sara' raggiungibile; bisogna essere consapevoli dei possibili fallimenti valorizzando il poco che si puo' fare'.
- Quali sono state le criticita' maggiori che ha trovato? 'La difficolta' delle persone tossicodipendenti ad accedere alla dimensione simbolica. Nella comunita' della casa circondariale ho portato avanti dei gruppi basati sulle fiabe e spesso le donne leggevano la fiaba solo in senso letterale. C'era una difficolta' di affrontarla per quello che e', un'illustrazione metaforica dei problemi che l'umanita' affronta da sempre. Ad esempio, analizzando la fiaba di Cappuccetto Rosso loro rispondevano di non aver mai incontrato un lupo, senza cogliere che la metafora indica invece la trasgressione, l'incontro con gli aspetti pericolosi, divoranti e distruttivi di se' e le possibilita' di affrontarli. Era questa la fatica, ma nonostante tutto- sottolinea la psicologa- alcuni stimoli sono stati utilizzati e colti'.
- Ci sono anche altre fiabe? 'Cenerentola mi ha aiutata a cogliere gli aspetti dell'invidia, il tema della gelosia delle sorellastre, l'abbandono da parte di una figura materna, l'assenza del padre, che affida la figlia alla matrigna. Sono potute emergere cosi' le difficolta' relative alla famiglia di origine, spesso devastata con separazioni, nuovi compagni, patrigni e matrigne. Infine, la fiaba che affronto nel mio libro e' 'La Regina delle Nevi' di Andersen. È un'ottima illustrazione metaforica sia del processo che porta alla dipendenza, sia della possibile strada per uscirne. Due possibilita' rappresentate dai protagonisti. Da un lato, il ragazzino a cui entrano negli occhi le schegge di uno specchio malefico che elimina le cose belle e ingigantisce quelle brutte; l'incontro con la Regina delle Nevi lo trasportera' in un mondo apparentemente perfetto ma di ghiaccio, privo di dolore ed emozioni. Dall'altro, l'amica che decidera' di andarlo a salvare e, lungo il cammino che la portera' a liberarlo, affrontera' molti ostacoli e incontrera' diversi personaggi, che rappresentano i diversi aspetti di se'. La fiaba- conclude Comba- simboleggia la differenza tra un viaggio passivo, dell'essere trasportati, rispetto a un percorso fatto di sofferenza, fatica e rischi per raggiungere i propri obiettivi di guarigione e di trasformazione interiore'.
(Wel/ Dire)